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46 | PREFAZIONI E POLEMICHE |
poeti italiani. Se stiamo col famoso Boileau, l’Ariosto, il nostro divino Ariosto, è da posporsi sino ad un poeta di piacevoli novellette prodotto dalla sua Francia; e La Fontaine, secondo lui, ha molta più grazia e buon discernimento nel raccontare la novella di Fiammetta, che non n’ebbe l’inventore di quella: né vuole quel buon satirico quasi soffrir paragone fra il suo caro traduttore e l’odiato inventore della fantesca spagnuola. Oh che giudizio (lasciate ch’io ’l dica), oh che giudizio sgangherato ! — Ma qual altro giudizio poteva dare — vi rispos’io — un uomo tanto dotto in lingua italiana, che credette versi gravi que’ sei pianissimi versi dell’Ariosto co’ quali e’ dà principio alla sua novella?
Astolfo re de’ longobardi, quello |
Chi crede versi gravi questi poco meno che bernieschi versi, qual maraviglia se chiama «orpello» tutto l’oro della Gerusalemme liberata! E perché si moveranno a sdegno i giudiziosi italiani contro un autore che con si strani giudizi più di riso che di sdegno ha voluto procacciarsi? E perché ci vogliamo noi sbattezzare quando leggiamo i tanti spropositi registrati in quei grossi tomi del Baillet ed in tanti altri scrittori francesi? Eh, lasciamoli dire, signor conte, e ridiamo della tanto loro franchezza di decidere del merito de’ nostri autori, che sarà la più corta.
Lo stesso tanto celebrato vivente Voltaire, che non ha detto della lingua italiana in corpo e in anima? Egli seguitando, anzi ripetendo quello che già aveva sentenziato il suo compatriota Bouhours al tempo de’ suoi padri, senza por mente e senza aver avuta cognizione delle difese fatte da più d’un italiano, chiama la nostra lingua «effemminata» e «molle». Non sono questi forse due bellissimi epiteti? Certo bellissimi, ed io gli do ragione,