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PREFAZIONI E POLEMICHE |
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a me viene scritto in questa lettera, e s’apparecchi a darmene il suo parere, come istantemente ne la prego. — E qui, fatto un pochino di preambulo, feci ricordare alla brigata siccome io per due volte avevo detto che quel mio sonetto per monaca che cominciava «Angioli santi» ecc. era cattivo e che io non ne teneva conto. Ed avendo quasi tutti detto che se ne ricordavano benissimo che io avevo detto quelle parole, soggiunsi: — Or bene, signori, sappiate che quel mio sonetto è qui in questa lettera trascritto a sillaba per sillaba, e di sopra più vi ha un altro sonetto di critica al mio, che è un capo capone d’opera, come voi tutti sentirete. Drizzate gli orecchi, ch’io leggo. — E letti ch’io gli ebbi entrambi — O signori — dissi, — che ve ne pare? E Ella, signor dottor Biagio mio padron venerato, che ne die’ Ella di questo critico tanto dotto in «lettre umane e divine »? — Il dottore non apri bocca malgrado le mie replicate interrogazioni assai cuculievoli; ma gli altri (eccetto il cherichetto dello Schiavo, che questo asinelio non conta) mi fecero istanza che io lo rileggessi; ed io, fattomi da capo e rilettili entrambi, feci sopra l’uno e sopra l’altro alcune annotazioni poco più poco meno ne’ termini che vi scrissi nell’altra. E quando io ebbi finito, tutti della brigata (eccetto il dottore e lo scuolarino, questo s’intende) incominciarono a dir cose di fuoco contro l’autore di quella critica; e chi gli diceva: — Oh che bestia! — e chi: — Oh che ignorante! — ed altri: — Oh che becco con l’effe! — e altri: — Oh che viso di. . . eccetera! — e vi so dire che per due ore si andò dietro cantando tutti a coro questa canzone. — E’ si vede bene che costui è un dottore de’ miei ... — così diceva uno, — poiché invece di prendere a criticare alcuna delle cose dal Baretti fatte in età più matura, e di quelle delle quali egli dà copia a chi ne vuole, va a pigliare un suo vecchio sonetto già da lui anche più del dovere battezzato per cattivo e da nulla. — E fra gli altri Sua Eccellenza il signor Daniele Farsetti disse: — Oh! io me l’indovino chi è costui: gli è un certo impostore, il quale va sempre in traccia del malanno e si vuole immortalare a forza di farsi scriver contro da questo e da quell’altro, e vuol dir mal di tutti, come il suo santo padre Aretino.