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non fa al proposito; e fa duopo avere una schifiltá d’orecchio, una finezza di giudizio e, per cosi dire, un’armonia d’anima, che t’avverta con un tocco subitissimo d’ogni menomissima dissonanza in ciascheduna parte del tuo scritto, onde tu la possa o immediate fuggire o immediate emendare; e in somma fa duopo avere meditato li anni e li anni, non soltanto sul modo di scrivere di questo e di quell’altro scrittore nostro paesano e saper ben discernere il buono e il cattivo di ciascuno d’essi, ma fa eziandio duopo avere una chiara idea del genio e del carattere di quella lingua che fu madre della nostra (né ti fará punto male allo stomaco, se avrai pure osservate coli ’occhio del critico molte altre lingue morte o vive, e notata l’ indole e la manifattura di alcuna d’esse); e in somma fa duopo che ogni nostra scrittura, perché salga in pregio di veramente bella, fa duopo, dico, che venga corretta e ricorretta, limata e rilimata, brunita e ribrunita, e distinta a piú potere dal parlare comune de’ toscani in generale e de’ fiorentini in particolare, nessuno de’ quali scrive come parla, se non forse un qualche miracoloso loro valentuomo che parli come un libro, come si suol dire.
Mi si nieghino queste veritá, com’io le voglio in ogni modo battezzare, e mi si sciorinino in contrario le autoritá e le sofistiche ragioni del Machiavelli, del Lollio, del Varchi e di cento altri o parzialacci o poco riflessivi scrittori (dico «poco riflessivi» su questo particolare argomento); e veggiamo quale ne sará la conseguenza, cioè quale sará la conseguenza deiraff"ermare che la lingua nostra stia unicamente di casa in Firenze e che basti essere fiorentino per saperla. Sará la conseguenza, che tutti quanti i precetti lasciatici da tanti uomini dabbene in fatto di lingua, e tutti quanti i vocabolari e i lessici d’essa, anzi pure tutte quante l’opere scritte da tanti e tanti anni nella penisola nostra, dovranno essere riputate cose, rispettivamente alla lingua, onninamente inutili a chiunque ha o avrá la rara sorte d’essere nato sull’Arno, e propio lá dove s’ha i quattro ponti sul dosso. E la conseguenza sará, che Domenico Maria Manni, melenso e stucchevolissimo scrittore, scrive meglio in prosa che non l’autore dtW Osset-vaiore veneto, e che lo