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come si tiene in tutti li altri: che il principale appellativo d’una lingua intesa in tutte le provincie d’un qualsissia paese, deve diri vare dal nome di quel tal paese, e non da quello d’una sua provincia, e molto meno da quello d’una qualche sua cittá, nonostante che in quella tal provincia o in quella tal cittá la lingua comune a tutto quell’aggregato di cittá e di provincie si parli meglio assai che non in qualsissia dell’altre.
Non sono pochi i paesi, li abitanti de’ quali hanno piú d’un nome per le loro rispettive lingue. Li spagnuoli, per esempio, n’hanno sino a tre per la loro, oltre al principale di «lengua espanola>, chiamandola pure ^ le?igua castellana-» e ^romance castellano-» o ^romance-» senz’altro aggiunto; e cosi gl’inglesi, oltre al chiamare la loro «english», la chiamano anche «british». Osservisi però che cotesti appellativi sopranumerari non si usano se non in certi casi, facendosi entrare si nel parlare che nello scrivere, talvolta per ismanceria e per vaghezza, talvolta per isfuggire lo stesso suono o lo stesso ricorrere di parole e di frasi, talvolta per rialzare lo stile, talvolta per abbassarlo, talvolta in somma per un motivo e talvolta per un altro.
E v’ha poi un’altra fortissima ragione, per cui il principale appellativo della lingua nostra non le debbe essere dato né dalla Toscana né dalla sua prima cittá; e questa è, che né i toscani in generale, né i fiorentini in particolare, quando si fanno a comporre opere d’ inchiostro, le compongono in questo o in quell’altro dialetto della provincia loro, ma sibbene in una lingua che per saperla fa duopo d’essere qualche cosa piú che non toscano o fiorentino. Vale a dire fa duopo essere persona dotta, e avere studiata la grammatica, e aver notato come questo e quell’altro scrittore adoperò li articoli e i segnacasi de’ nomi, e le varie terminazioni de’ tempi ne’ verbi e le altre parti costituenti il discorso; e fa duopo si sieno apprese le etimologie di moltissime, se non di tutte le voci della lingua, onde quelle voci non si ficchino a casaccio in uno scritto, come il popolo le ficca ne’ suoi parlari; e fa duopo avere a menadito ogni sinonimo d’ogni voce, come ogni equivalente d’ogni frase, onde potere ad ogni volger di canto scegliere o rigettare quello che fa o che