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180 prefazioni e polemiche

Oltre che mostrano il gran valentuomo che Niccolò era nel trattare pubbliche faccende, queste lettere sono poi anche scritte con una semplicità nitidissima.

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Legazione alla corte di Roma.

Se dalle ventinove lettere si vede che Niccolò voleva poco bene al duca Valentino, dalle trentasei che formano questa Legazione si scorge poi ad evidenza che gli voleva ogni male, e che si rallegrava non poco nel vedere come la fortuna se gli andava precipitosamente dichiarando nemica sotto il papato di Giulio secondo. Pure, perché quel duca era una perfetta schiuma di ribaldo, e perché Niccolò il propose per un modello di principesca prudenza a’ Medici nel suo trattato del Principe, una mandra d’animali cattivi hanno osato scrivere che Niccolò e quel duca erano cuciti d’amore insieme, onde ne’ leggitori delle loro calunnie nascesse antipatia verso di lui, da estendersi quindi a tutto quello ch’egli scrisse.

Fra quelli animali s’annoverano, come già l’ho detto, de’ frati non so quanti; e già si sa che quando un frate, sia di qual ordine tu vuoi, si mette a dir male d’alcuno, poco gli cale se avviluppa cento bugie colla verità, purché danneggi e guasti l’avversario.

Mi si dirà che anche cotesti secolaracci non mondan nespole, e che anch’essi sanno invelenirsi e dire le più spaccate falsità, ogni qual volta si fanno a menar la penna l’un contro l’altro.

Sia: ma questo ritorcere salva egli i frati? Da* secolari, quando e’ s’hanno calda la zucca dalla collera, ognuno s’aspetta ogni pazzia e che dicano il peggio che possono, né mai la gente dà tutto il credito a quel che dicono in vituperio d’altrui: che, al contrario, da’ frati, perché tutti si spacciano per santi e perché si spossano incessantemente onde n’inducano a crederli tutti tali, ognuno s’aspetta di non sentir mai altro se non il vero nudo e schietto; eppure, appena ve n’ha uno in cento, che, scrivendo in controversia, voglia astenersi dal recere le più false malvagità, che Dio ne li paghi come e’ meritano.