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e i Gianfigliazzi e quelli altri di sopra nominati molto maggiori persone che noi furono quindi, per avere tutti insieme preso goffamente il partito di conservarsi repubblichisti in una congiuntura in cui s’avrebbono dovuto risolvere ad essere tutti monarchisti?
L’avere in capo per indubitatamente vere tante cose, che se non sono false sono per lo meno moltissimo problematiche, fu cagione altresí che Niccolò, ogni qual volta si faceva a narrare alcuna spropositata furfanteria commessa da alcuno per mantenere una qualche repubblica o per distruggerla e farsene signore, egli la narrava, se non con diletto e con approvazione, almeno senza stizza e senza detestazione. Guai che in tali casi gli venisse mai in pensiero di dire la minima cosa ohe sapesse un po’ del cristiano o almeno almeno del semplice moralista! Guai ch’egli riflettesse mai come il mal operare delli altri non ne conferisce il diritto di operar male a nostra posta! Cosi, esempligrazia, egli si mostra nimico acerrimo di papi e vomita ira di Dio sempre che gli vengono tra mani: ma un tratto che un papa si fa capo d’una perfidissima trama contro ai due fratelli Medici, Niccolò se la passa via leggiera leggiera, e senza dirne quel male che avrebbe dovuto dirne, tenendo (come teneva) quel papa per complice, anzi per capo di quella congiura. Cosi egli non fa punto cenno di disapprovazione mentovando quell’arcivescovo Salviati e que’ de’ Pazzi e Iacopo di messer Poggio e Bernardo Bandini e una turba d’altri sciagurati, che con quel papa s’entrarono in quella trama. Cosi ne dipinge cent ’altre anime dannate come se fossero stati eroi di prima riga, perché, a suggestione d’un malinconico pedante di Mantova, trucidarono bestialmente un duca di Milano.
A che buttare il tempo noverando i vari traditori e assassini, scambiati da Niccolò per gente degna di laude quanto Bruto e Cassio? Basta dire che, odiando egli quel Giuda del duca Valentino, come appare che l’odiava dalle lettere che scrisse alla Signoria durante il tempo che stette presso papa Giulio e da alcuni versi d’uno de’ suoi due Decennali, e’ potette nondimeno soffocarsi quell’odio in petto- e proporci quello stesso duca come