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incessantemente a formare dalli uomini valorosi, delli uomini dotti, delli uomini dabbene. Povero Niccolò! Delle corbellerie di questa fatta e’ n’aveva in testa le dozzine; e non è possibile dire quanto s’affacchinò a propagarle pertutto e a farle ingoiare alla gente come veritá nulla punto controvertibili.

Ma come potett’egli dare in simiglianti ghiribizzi, egli che sapeva anche meglio di noi come il mondo era ito ne’ due secoli che precedettero il suo? In que’ due secoli, e nel suo medesimo, li stessi suoi signori fiorentini s’ebber eglino altri pensieri, se non quelli di scannarsi li uni li altri, di bruciarsi a gara le case, di bandirsi dalla patria li uni e li altri a belle brigate? Quale fu la virtú che fiori nella sua repubblica in tutto quel tratto di tempo, quando l’efferata voglia di sovrastare alli altri e la crudeltá si escludano, come si devono escludere, dal numero delle virtú?

Quello che si operava in Firenze repubblica, si operava né piú né meno in tutte l’altre italiche cittá repubblicanamente governate come Firenze. Leggete tutte le storie di que’ tempi e leggete quella medesima di Niccolò, se volete vedere come ogni cittadino di qualche importanza in ognuna di quelle si metteva ad ogni sbaraglio e s’acconciava ad ogni immaginabile misfatto, per venir a capo d’ogni suo brutto desiderio. Sará vero che le stesse iniquitá regnavano pure comunemente in ogni cittá e in ogni provincia monarchicamente governate; ma se la cosa iva allora di pie pari ne’ principati come nelle repubbliche, e se il numero de’ ribaldi era uguale a un dipresso dappertutto, perché dare a queste la preferenza su quelli? perché dire e credere e voler far credere che il vivere in repubblica sia un paradiso, e che ogni corruttela e ogni malanno esista nel principato ?

L’essere cosi disperatissimo repubblicone fu quello che l’indusse a scrivere il libro del Principe, dal quale la fama sua venne quindi tanto bruttata e il suo cognome reso antonomasiamente l’appellativo d’ogni mal uomo. Con quel libro, se la sapessimo tutta, egli si pensò forse di pigliare, come si suol dire, due colombi ad una fava: presentando dall’ un lato a’ suoi