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LETTERA UNDECIMA

di Polo Reniero ad Angiolo Querini

[Le corse dei cavalli e il teatro di Visbeccia; il tempio di Peterborgo.]

Eccomi di ritorno in Londra dopo un soggiorno di quindici o sedici giorni che passai in una cittá chiamata Visbeccia, lontana di qui poco piú di cento miglia..Mò, eccellentissimo signor Polo, io voglio narrare a Vostra Eccellenza certe cose che ho fatte durante il tempo di questa mia scappatella dalla metropoli, rispondendo con essa all’invito fattomi da un signore di quella cittá, che conobbi un tratto a Vicenza e col quale avevo contratta qualche dimestichezza. Partendo adunque di qui per la posta e correndo tutto un giorno ed una poca parte della notte senza fermarci, scendemmo sani e salvi in casa sua, che, a dirla per parentesi, non è un palagio da far figura sul nostro Canal grande; ma solamente una casotta comoda, pulita e abbondante d’agi e di tutto il necessario ad una vita privata: vale a dire un albergo propio alla rovescia di quelli de’ nostri Comari e Morosini e Pesari e Pisani e altri e altri, che riboccano di mobili ricchi e sfoggiati, ma che sono per lo piú sprovveduti d’agi e sporchi e mal in ordine. In Visbeccia mi seccai non poco ne’ primi sette di, perché l’ospite mio è uomo alquanto malinconoso anzi che di lieta natura, ed ha una mamma che non ama se non di starsi nelle sue stanze leggendo la bibbia; né vedemmo quasi altri in que’ sette di se non un prete grasso, che si curava molto di mangiare e di bere, ma poco di sfoderare quella letteratura che s’ha nella guaina. Pochi vicini e abitanti del luogo tennero a farci visita, quantunque fossero stati subito informati dell’arrivo d’un