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la contegnosissima pesanza e l’autorevolissima sputatondezza vostra, noi posso negare che ucciderebbono il riso sul labbro a Momo, anzi a Brighella e a Pulcinella; ma che fa questo? Siete voi per gravitá e per severitá e per sussiegatezza da porvi a paraggio col grave, col severo, col sussiegato Anassimandro? Cavatevela del capo, Filippo, o Filippone che vogliate chiamarvi! Se vi faceste anco a narrare in verso martelliano la vita del padre Marcantonio, che fu prima guardiano e poi definitore ed istoriografo de’ zoccolanti, non aggiungereste né tampoco al mento d’ Anassimandro! A me piaciono gli abiti che sono tutti d’un panno, e voi frammischiate sempre una qualche magra piacevolezza ai vostri piú gravi parlari. E se mi replicherete che Anassimandro non aveva letto né Grevio né Gronovio né le due Collane, o che non era oriuolaio o che non teneva bottega d’occhiali, e ch’egli era pieno di fantasie e di fumi e di flati e di scrupoli, che si nudriva per lo piú d’uova sode e di lumache fritte cogli spinaci; io. vi tornerò a dire ch’egli non era né anco nativo di Novellara né forlivese né imolese né «innominato» né pastor arcade: e cosi le risposte mie agguaglieranno le proposte vostre. Orsú, signor Filippo, io non voglio venir dalla vostra, se avessi anco a vedervi incoronato di lucignoli tutti accesi; e poiché non volete se non baie e fanfaluche, abbiatevi questa e cavatene un costrutto, se vi dá la vista, ché non avrete fatto poco. Statevi sano e non vi si scordi che chi non può terminare tutte le sue faccende nel mese di marzo, fa duopo s’adoperi a finirle in quello d’aprile. Addio.