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specialmente quando gliel dice un reverendissimo frate o un reverendissimo prete, è molto probabile, anzi certo, che il reverendissimo proposto avria potuto, maneggiando la sua critica al modo del furbo da Comacchio, recare moltissimo nocumento all’avversario si saggiamente sceltosi, e gli è piú che certo l’avrebbe passato fuor fuora, come Guerrin Meschino passava i figliuoli del re Astilladoro. Ma che volete, Pierlorenzo? Il reverendissimo Lustri vorrebbe far del male, e non ne sa l’arte. La spietata natura l’ha fatto maligno, l’ha fatto cattivo quanto potette, ma l’ha insieme fatto gonzo; e la plebea educazione s’ha quindi compiuta l’opra con farlo stragonzo. Invece dunque di spacciar sofismi, e con un contegno torvo, con un tuon di voce burbero e sopraccigliuto, come il comacchiano avrebbe saputo fare, Sua Signoria malamente reverendissima non seppe far di piú che scendere al melenso delle bugie facili a scoprirsi. Cosicché, malgrado l’innata malignitá, malgrado la brama sua velenosa di nuocere al derisore infaticabile de’ gonzi e degli stragonzi, e’ non ha costi fatto quello che crede d’aver fatto, né s’avrá con quel suo numero ventinove procurato verun nimico all’onorando zoppo, nemmanco fra quella nostra classe d’uominacci tanto numerosa, che non sanno troppo distinguere le susine fradice dalle mature e che se le mandano giú per la gola tutte alla rinfusa, come fanno le mogli del ciacco quando s’abbattono in una cesta che ne sia piena. Guai allo zoppo, se il tristo sacerdote fiorentino s’avesse avuta la furberia del tristo sacerdote da Comacchio! se avesse saputo condurre la sua critica con tant’arte da poter dare una mala idea di quella prefazione a chi non l’ha letta! Siamone certissimi, che si sarebbe tirata dietro una comitiva foltissima di que’ nostri scimuniti letteratai, i quali, senza mai aver letta una riga del Machiavelli e senza sapere come poco prima di morire si lasciò confessare le sue peccata da frate Matteo, si dánno buonamente ad intendere che il Machiavelli fosse un mostro piú grosso che non la cupola di San Pietro, una specie d’ Endriago colla lingua forcuta, un antropofago unghiuto, un lestrigone cornuto, un canibaie dentuto, che mangiava la gente viva viva: un uomo insomma