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nell’acqua contro il molo fra un tagliamare e l’altro; sicché, quando l’opera sará terminata, messer Eolo insieme con tutti i suoi indiavolati figliuoli soffieranno a lor posta e flutti e cavalloni contr’essa, ché gli anconitani se la rideranno e lasceranno che si perdano il fiato e la lena senza poter cagionare il minimissimo danno alle navi nel porto, alle quali basterá una gumina, anzi una fune sola, perché galleggino sicure. Né mi voglio scordare di dirvi che il gitto de’ sassi e della calce fatto, come dissi piú su, da que’ tanti galeotti, non cessa piú né di né notte, quando un tratto è cominciato, infino che tutto il riempimento fra le due palificate non è compiuto; perché, se cessasse anche per poco, si correrebbe un rischio di danno grande a tutta l’opera, vale a dire d’un qualche diroccamento d’una qualche parte del molo. Ed è la ragione di questo che tutta la calce viene preparata con un misto di sabbione, chiamato «pozzolana», che si trasporta qui in molte navi dalle vicinanze di Roma. Il qual sabbione, impastato colla calce, s’ha questa qualitá: che poco dopo d’essere stato tócco dall’acqua s’insassa in guisa che viene ad agguagliare in durezza quelle stesse pietre collegate con esso, avendo conservata la qualitá attribuitagli da Plinio, il quale disse: «puteolanus pulvis, si aquavi attígit, saxum est»-, di modo che tutto quel gran corpo di sassi e di calce, buttato giú nell’acqua con furiosa prestezza da que’ galeotti, viene in molto breve tempo a formare un masso fortissimo, al quale un altro masso fatto collo stesso metodo non si congiungerebbe mai perfettamente di sopravia, se venisse buttato giú e formato quando il primo fosse giá tutto incorporato e insassito; ché sempre una qualche disgiunzioncella rimarrebbe tra il primo ed il secondo masso, cioè tra il masso di sotto e quello di sopra; sicché, venendo poi una grossa spinta di mare, potrebbe rovesciare o, per cosi dire, scopare dentro il porto quel masso di sopra non bene insassito con quello di sotto. Non è stato duopo d’un immenso sapere d’architettura per ideare vuoi il molo o vuoi il lazzaretto, essendo l’uno poco piú che un grosso m(iro fabbricato nell’acqua, e l’altro non contenendo se non una fuga di stanze molto semplici, disposte sulle