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progresso, ridurrassi pur tosto dalle due dozzine a soli sei, a quattro, a due, a uno, a nessuno; e il parlare in voce, egualmente che quello de’ libri, adoperato da’ tuoi Cerretesi malappresi, da’ tuoi Lastri pedantastri, da’ tuoi Majjpi barbagianni e da tant’altri tuoi gonzi, stolidi ed insulsi ciancioni d’oggidi, prevarrá pure, dalla sorgente sino alla foce dell’Arno, sul parlare di quella dotta brigatella; e la lingua tua, effe nel suo primo apparire fece quasimente cenno di voler cacciare la stessa latina di seggio, diverrá pure, prima che questo sècolo si compia, una linguacciaccia inetta e barbara, da non si valutare un pelo piú della bergamasca e della furlana! Signor Niccolò, io ve lo dico ora, se non ve 1’ ho detto prima d’ora. Perché un parlare domestico riesca bello e atto ad ogni argomento, fa duopo in primis et ante omnia sia parlato da un popolo numeroso e grande; e il popolo di Toscana non è numeroso, né credo si possa in oggi chiamar «grande» per alcun verso. In secondo luogo fa duopo che gl’individui di quel dato popolo si leggano, per cosi dire, a pasto i loro meglio scrittori; e questo giá s’è detto non essere punto il caso né de’ toscani né degli altri italiani d’oggidi, i quali tutti leggono si poco e con tanta svogliatezza e negligenza, che i nostri stessi piú principali signori e le nostre dame piú sfarzose non sanno oggimai piú né tampoco scrivere quattro righe senza fregiarle con otto spropositi di lingua e sedici ’d’ortografia. In terzo luogo fa duopo che i principi di quel tal paese... — Di che fa duopo in terzo^uogo? Su, parla. — Eh, signor Niccolò, scusatemi se non ve la dico tutta, e fate d’ indovinarvela da voi! Certe cosettine, in certi paesi modellati come Dio vuole, gli è meglio accennarle solamente che non dirle giú alla spiattellata. Parvi ch’io sia prudente quando il voglio essere, e ch’io intenda quella figura, che il Decolonia chiaipa «reticenza»? Conchiudiamola dunque, amico e signore mio, col notare, a mo’ di corollario, che l’ Italia nostra s’ha avuto ne’ tempi andati un bel numero di galantuomini i quali seppero ficcare qui e qua pe’ loro libri una lingua molto atta a qualsissia cosa, chi se la sapesse por bene in bocca o nella penna; ma, considerata la