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LETTERA DUODECIMA

di Paolo Donzelli a Gianfrancesco Cigna

[Si persuada che in questo mondo non v’ha gran differenza dal bene al male.] Duoimi sentire che tu non abbia potuto ottenere quel segretariato che tanto desideravi, che ti sarebbe pure stato bene indosso, considerando come la penna ti viene menata speditamente sempre che te la metti fra quelle dita. Ma che farci? Disperarci? No: ché alla fin fine il perdere una cosa che non s’ha non è una labardata nella pancia! Tira innanzi alla meglio, come faccio anch’io, anzi come fanno tutti gli uomini venuti al mondo senza prati e senza campi; né ti si scordi mai che non è gran differenza dal bene al male di questo mondo. Adoperianci quanto possiamo per ottenere quello che crediamo abbia ad addolcirne l’amaro di questa vita; ma, quantunque volte i nostri sforzi riescon vani e i nostri desidèri sono delusi, voglianci ricordare come talora l’uomo brama questa e quell’ altra cosa, la quale, ottenuta, viene poi a recargli un qualche danno inaspettato e non previsto. Ve’ bella occasione, Gianfrancesco mio dolce, che tu m’hai data di farti qui uno scialacquo d’ottima morale! Pure non me ne voglio avvalere, sapendo come sei uomo di forte animo e atto a portarti in pace ogni rovescio ed ogni traversia. E poi non abbiamo noi un’altra corda all’arco nostro? Fammi il servigio di passare dalla signora Lauretta, e dille che delle due paia di scarpe commessemi giá n’ho in balia uno ed aspetto d’aver l’altro alla piú tardi posdomane, ché cosi m’ha promesso il calzolaio, al quale ho giurato che, se mi manca di parola, voglio farmi reo d’un calzolaicidio, quando