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LETTERA SESTA

di Giovanni Paradisi a Giuseppe Planta

[Di una sua storia de’ poetastri italiani del suo secolo, corredata di leggiadri aneddoti e di vaghissime novellette di questo e di quel poetastro, e preceduta da una prolissa dedicatoria a Nivildo Amarinzio e da un trattatello Della perfetta pseudo-poesia. ] Grazie, grazie della tanta diligenza da lei usata nel ricogliere notizie onde impinguare la mia storia de’ poetastri italiani di questo secolo. Faccia, signor Pianta, di trasmettermele con qualche po’ di sollecitudine, poiché il primo tomo l’ho giá tanto innanzi, che se n’andrá sotto il torchio fra du’ mesi alla piú ritardata. Questo primo tomo, se Vossignoria vuol pur avere uno schizzo dell’opera, le dico che contiene i poetastri dello Stato di Milano insieme con quelli del ducato di Mantova, e che s’avrá un appendice dreto, nel quale si fará motto de’ poetuzzi, de’ poeticchi e de’ poetonzoli della Liguria e del paese subalpino. Quell’appendice sará nondimeno cosa succintetta; conciossiaché, qualunque ne sia la cagione, gli uomini liguri, egualmente che i subalpini, s’hanno in questo secolo pochissimo coltivata la poesia cattiva, e della buona e’ pare non s’abbiano né tampoco idea, i subalpini specialmente. Nel tomo secondo, che ho pur paura non vengami a riuscire piú grosso del primo, si comprenderanno i poetastri dello Stato papalino, esclusa però la cittá di Roma, la quale s’avrá per se sola il terzo volume intiero intiero, mercé a quell ’Arcadia, la di cui prolifica virtú nel produrre poetastri non è mal simboleggiata dall’oceano settentrionale che ti manda fuori ogni anno quelle sue immensitá ^d’aringhe, di salacche, di baccalari e di stocchifisci. Dietro al tomo terzo il progresso numerale richiede che venga il tomo quarto, nel quale saranno a lor bell’agio coricati que’ tanti poetantelli e poetantuzzi che formicolano ne*