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suggerendo fra l’altre singolari cose un innesto di que’ gelsi bianchi su quella sorte d’alberi chiamati «lime-trees» dagl’inglesi e ch’io credo si chiamino «carpani» in Italia. Ma, o fosse ch’egli non presentasse la sua scrittura alla Societá o che la Societá non vi badasse, il disegno andò in fumo e non se ne parlò piú, essendo opinione d’assai inglesi, come anco mia, che non sia fattibile il produrre ogn’anno tanta quantitá di seta nel loro paese da riuscire un fondo generale di negozio, a cagione della umiditá della loro atmosfera troppo spesso ingombra di piogge e di nebbie, le quali permetterebbero molto di rado alla foglia di rimaner asciutta ne’ debiti mesi per molt’anni alla fila; tanto che i coltivatori de’ bachi perderebbono in un anno umido fors’anco piú di quello che s’avessono guadagnato in un anno asciutto. Cosa che non entrava facilmente nel cervello del Pasquali, che si mori fermo e fitto nell’opinione del suo non aver riuscito nell’ intrapres-a per pura mancanza di fondi, e persuaso che un solo anno asciutto avrebbe rifatto i danni di due o di tre anni umidi a chiunque si fosse posto a far seta. Vedete mò, signor mio, s’egli è assolutamente impossibile, come voi dite, il fare della seta nelle latitudini britanniche! Vi voglio anzi dire che appena v’ha latitudine in Europa dove non se ne possa fare. Ma il farne in tanta quantitá che possa quindi servire d’ampio fondo ad un commercio nazionale, questo è quello che non può nell’opinione mia esser fatto se non in certe latitudini formate da Dio a tal proposito. Andiamo dunque guardinghi, signor mio, prima di dare per certissime alcune cose, onde la gente non ne rida poi dreto. State sano.