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fatto il favore di lasciarmi a mio agio correre coll’occhio sur un catalogo o biblioteca da lui compilata di tutti gli autori, che, o di proposito o per incidenza, hanno scritte cose relative a quella reai casa ed agli Stati che possiede. Oltre a quell’opera sua, il buon vecchierello m’ha fatto assai gola mostrandomi, fra i molti e rari libri che ha, una storia manoscritta e di non poco volume, composta nel decimoquinto secolo da un piemontese con una toscanitá maravigliosa e con uno stile molto vivo, molto corrente e molto bene ordinato. Cosa singolare assai, anzi unica e da essere a malapena creduta da que’ che sanno quanto poco le lettere sieno state da’ vostri piemontesi coltivate in quel secolo. Per onore del paese, pare a me che quella storia dovrebb’essere stampata a spese pubbliche. Non so se sappiate, signor conte, come assai pezzi delle mura d’Asti sono reliquie di fortificazioni romane. Questo mostra che in diebus illis que’ milordi del Campidoglio facevano qualche conto di questa cittá, in oggi molto meschina e di pochissima appariscenza, comeché sia capo d’una delle piú amene e fertili province d’Italia. Ve’ che lungo tattamellare! Scusatelo, conte mio, e donatelo al desiderio d’ intrattenermi ancora una volta con voi alla familiare, prima di dar le spalle alla vostra contrada. Fate ch’io m’abbia novelle di voi e de’ vostri al mio giungere in Milano, accompagnate da’ vostri e da’ loro comandamenti. State sano.