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epistolario 11

vedrò gli farò motto del sonetto, che sarà stampato subito, ma rimandatemi il titolo, che avete scritto cosi male che non intendo.

Orsù, addio, il mio Ricetti, a rivedersi presto: la penna mi fa arrabbiare. Addio a tutti.

Il v.ro Baretti.


VI

Al conte Camillo Zampìeri — Imola.


Milano, li 22 novembre 1741.

Benedette sieno pure le donne, che sempre fanno, o in un modo o in un altro, piacere alle persone; e benedetta di e notte la nostra gentile Fenicia, che con l’annesso suo foglio mi dà luogo di presentarmi alla signoria vostra, valorosissimo sig. conte Zampieri, a cui vengo offerirmi in corpo ed in anima, che vuo’ esserle

schiavo in catena sin che mangio pane,

tanta è la stima che già da gran tempo nutro in seno per un

tanto letterato, quale vossignoria si è, e, quel che più mi va a pelo, un uomo in poesia berniesca cosi valente. O signor Zampieri stimatissimo, io sono tanto innamorato degli amatori del mio santo Bernia, che per loro amore mi lascere’ fare in minuzzoli; ergo sono guasto da un capo all’altro della signoria vostra già da gran tempo, quantunque non abbia la sorte di conoscerla di vista; ché per avere tal consolazione, non dico un occhio, ma per un dente o due me li lascerei cavare volentieri, si da senno. Prima di cominciare la presente, ho letto ancora un’altra volta il di lei sonetto pel Gatto del mattissimo nostro Balestrieri, ed bollo baciato per contentezza; dico quel suo sonetto, che è degli squisiti ch’io m’abbia letti mai; cosicché, se i poeti si canonizzassono, vorre’ in questo momento istesso canonizzare la signoria vostra, ed attaccarle tantosto un