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epistolario | 9 |
Tu mi perdonerai,
se ho detto troppo chiaro il mio pensiero,
ch’io voglio dir le cose che son vere.
Io sono al tuo piacere;
se di servirti mi credi capace,
di me disponi, come piu ti piace.
Vi piace mo cotesta schiettezza barettesca? Ma, oimè, ché colui mi ha risposto in prosa, e che roba arrabbiata! Onde bisognerà che il faccia entrare nella mia Raccolta con una mezza dozzina di sonetti fatti sul gusto del seguente, che da me fu scritto a Meneghino una sera che si dicea per Milano esservi una critica contro il Gatto. Sentitelo, ché è bello
Un certo barbalacco ha giù la buffa,
e s’inliona, s’indraca, s’ imbiscia;
contro di te, compar, stiammazza e sbuffa,
contro di te già dirizza la striscia.
Guardati, beco, ché s’egli ti ciuffa,
io tei so dir, ti farà far la piscia;
su, t’apparecchia da senno alla zuffa,
e la corazza indossa, e l’armi liscia.
Fa’ presto, beco, ch’e’ non ti sgranocchi
cotesto imbestialito basalistio,
ché non hai mica a far con de’ marmocchi.
Beco, fa’ presto, pria, che cresca il ristio,
provvedi a’ fatti tuoi, guàrdati agli occhi
che e’ non ten cavass’uno sol col fìstio:
i’ non te la cincistio,
ma e’ vuol fuor fuora traforarti il giacco
il prefato cotale barbalacco.
Orsù, il mio Bicetti, siamo all’ottava facciata, e non vuo’ darvi più fine e tenervi qui a disagio più lungamente. Trattone il Balestrieri, l’Agudio e il Tanzi, tutto il resto degli amici è fuori ancora. I miei complimenti alle signore Cecche, alla sig.ra Anna, alla monachina, al sig.r monachino, ve’ matto! vo’ dire al sig.r Cecchino, ed anco al sig.r Canzoli,