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corpo. Il podestá, come vedeva il contestabile, gli era sempre dietro a morderlo de la moglie che aveva preso il tincone. Tutti quelli che l’udivano, piú di lui che del contestabile ridevano, sapendo come il fatto andava. Avvenne anco spesse volte che dando il podestá la berta a colui, che madonna la podestaressa, che era presente, anco ella se ne beffava, pensando che nessuno s’accorgesse che, se la greca per un dí aveva banchettato col tincone, ella giá piú di sessanta volte l’aveva posto a lesso, a guazzetto, in pasticcio e a rosto, essendo ferma openione di tutti che ella usasse quel bel tincone innanzi e dopo pasto. Ma il buon podestá, che di questo niente sapeva, s’era messo su questo umore di non lasciar vivere il povero contestabile, non s’accorgendo che tutta Crema di lui si beffava.
De le molte beffe, che sono da le mogli fatte ai mariti gelosi, tutto ’l dí si potria chi volesse, ragionare. Ed ancora che di leggero siano ingannati quei mariti che troppo si fidano, nondimeno pare che mai non fosse geloso che per tempo o tardi non andasse a Corneto. Onde Francesco Sforza, primo di questo nome duca di Milano, soleva dire che, a comprar un melone, un cavallo, e a pigliar moglie, bisognava pregare Dio che la mandasse buona. E di questa materia ragionandosi in casa de la vertuosissima signora Ippolita marchesa di Scaldasole, essendo in Pavia, il nostro gentile messer Agostino Porzio narrò una novella a questo proposito; la quale avendo io scritta, ho voluto che in testimonio del molto amore che sempre m’avete dimostrato, ella vada fuori sotto il vostro nome. Voi in questa conoscerete gli errori che talvolta i vostri pari commettono se da l’appetito si lasciano trasportare, e, come saggio e prudente che sète, ve ne saperete guardare. State sano.Novella