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ed inebriarsi a la taverna, e tutto il dí come publici barattieri se ne stanno con le carte e dadi in mano? Ma e’ mi pare, secondo che io devea dirvi una novella, che io sia salito in pergamo e voglia predicare. Lasciando dunque la cura di castigargli ai suoi prelati, vi dico che ne la nostra cittá di Como non è troppo tempo, devendosi sepellire uno dei nobilissimi gentiluomini de la cittá, il conte Eleutero Ruscone, tutti i preti e frati di Como furono invitati a cosí solenni essequie. Venuta l’ora di levar il corpo del conte Eleutero, si ritrovò che dui parrocchiani, preti molto stimati, che erano rettori di due parrocchie, ci mancavano. E perché erano uomini secondo l’openione del volgo santissimi, fu mandato a le case e chiese loro e mai non se ne seppe indicio trovare. Il che fu cagione di molte mormorazioni, dubitandosi che non fossero stati da qualche ribaldi morti. Ora, poi che gran pezza furono ricercati e veggendosi che non comparivano, cominciarono a far l’essequie con gran pompa e solennitá, le quali essendo finite e devendosi per nome del signor governatore publicare certi editti, il popolo che aveva accompagnato i funerali si ragunò su la piazza de la cittá, e in quella i santi parrocchiani comparsero. Ma udite di che maniera. Abitava nel mezzo de le due chiese dei dui detti parrocchiani un tintore che si chiamava mastro Abondio da Porlezza, uomo molto piacevole, il quale aveva per moglie una Agnese da Lugano, donna appariscente e giovane e molto onesta, il cui costume era d’andar ogni dí a messa a la parrocchia di don Anselmo, che era uno dei dui parrocchiani. Il quale, vedutala ogni dí a messa e parendogli bella, di lei cosí si accese che, seco domesticandosi, a la prima le domandò il piú bello de la casa. Ella, senza fine de la disonesta domanda scandalizzata e dicendo al prete che andasse a dir l’ufficio, cominciò andare a messa a la chiesa de l’altro prete, che don Battista si chiamava; il quale, come la vide, disegnò imparentarsi seco, come don Anselmo anco aveva disegnato. Onde, pigliata un poco di conoscenza seco, egli, per non perder tempo, le domandò l’elemosina di santa Nefissa. Parendo a la buona donna esser caduta de la padella su le bragie, prese per ispediente andar a messa ad uno spedale, ancor che non fosse cosí comodo e vicino a casa. Il marito, accortosi di tal mutazione, le domandò perché faceva cotesto. Ella per non dar sospetto al marito gli narrò puntalmente il successo del tutto; il quale a la moglie, mezzo adirato, rispose: – Adunque tu vuoi a posta di questi schiericati cessar di far bene? la non mi piace cosí, ché questo spedale è troppo