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al magnifico signor
Vi deve sovvenire che quando eravamo a Gibello con il signor Cesare Fieramosca, luogotenente de l’illustrissimo signor Prospero Colonna, nostro commune padrone, e che condannaste a le forche quel siciliano che il cavallo ginnetto aveva rubato, come astretto fuste a rivocare la sentenza e liberarlo. Aveva lo scaltrito siciliano con sí sottil arte trasfigurato il cavallo e di modo fatto parer un altro, che il proprio padrone con difficultá grandissima a pena lo poteva conoscere, sí maestrevolmente con acque forti ed altri suoi mescolamenti cangiò il colore e pelo al cavallo. Il che intendendo il signor Prospero, volle il cavallo vedere, e veduta quella mirabilissima trasformazione, non puoté, ancor che pieno fosse d’ammirazione, contener le risa. E volendo voi che il ladro andasse a dar dei calci al vento, esso signor Prospero disse che altre volte aveva inteso che appo gli spartani era quella cosí divolgata legge: che chi altrui rubava, se era scoperto, fosse strangolato; ma se il furto non si scopriva dopo le debite inquisizioni, e che il ladro fosse ito ad accusarsi, era publicamente lodato e, come ingegnoso, al primo magistrato vacante eletto. Per questo volle il signor Prospero che il siciliano fosse liberato, soggiungendo che gli spartani, che erano severi ed acerbamente i vizii punivano, non intendevano per cotale legge lodar il furto, ma volevano che ogni atto d’ingegno e d’industria e sagacitá fosse rimeritato. E cosí per commissione di detto signor Prospero il siciliano ebbe la vita. Io non vo’ ora disputare se questa legge fu ben fatta o no, parendomi che ci siano argomenti per la parte affermativa e per la negativa, che forse cosí di leggero non si potrebbe sciogliere. Bene si vede oggidí che quando alcun ladro scioccamente ruba e pare che a posta il faccia per essere scoperto, che ciascuno dice che merita morire; ma se uno sottilmente e con ingegno ruba e per disgrazia sia scoperto e preso, la morte di cotestui a tutti duole. Ma tornando al siciliano, variamente de la liberazione sua tra’ soldati ragionandosi, il nostro gentilissimo Girolamo Gargano narrò un furto fatto in Calabria, dicendo che se il Caruleio si fosse