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corsero tutti dui e ruppero gentilmente le lancie. Misero poi mano agli stocchi, ma a le tre bòtte Sordello gittò lo stocco di mano al suo avversario, e poi, avventatosegli a dosso, lo levò da cavallo e lo portò innanzi al re, come il lupo si porta l’agnello, e disse: – Sire, eccovi un testimonio che io sono Sordello, e se altri vuol testimoniare, venga egli avanti. – Il re, conosciuto che gli uomini non si misurano come il panno a canne o palmi, s’avvide che s’era ingannato e molto umanamente lo raccolse e, fin che stette in corte, lo trattò molto bene, ove Sordello, senza venir in Italia a prender testimoni, fece molte altre prodezze che del suo valore diedero chiara fede. Nei nostri tempi poi, sotto il re Lodovico decimosecondo, essendo mandato dai signori veneziani ad esso re cristianissimo un ambasciatore, avvenne che un dí, non essendo vestito molto riccamente, andò per dire alcune cose al re; e volendo entrar in camera, gli usceri, non guardando se non a le vesti, gli serrarono due e tre fiate l’uscio sul viso, lasciando entrar quelli che pomposamente erano vestiti. Del che accortosi l’avveduto ambasciatore, se ne ritornò a l’alloggiamento e si pose un saio di velluto morello di grana, con una veste in dosso con le maniche a la ducale, che era di velluto carmesino alto e basso, e cosí riccamente abbigliato rivenne in corte. Picchiò a la porta, e come gli usceri lo videro, il lasciarono liberamente entrare, facendogli anco nel passare una gran riverenza. Andò dinanzi al re l’ambasciatore e, fattogli il conveniente onore, si pigliò la veste e la mise in terra e le fece tre gran riverenze. Meravigliavasi ciascuno di questo atto, veggendosi un uomo di quella gravitá, a la presenza di tanto re, essersi spogliato e far quelle cerimonie, e attendevano pure a che fine questo fatto riuscisse. L’ambasciatore dopo le riverenze ringraziò pur assai la sua veste del favore che essa gli aveva fatto, e indosso se la pose, e poi disse: – Sire, io era venuto per parlar con voi d’alcune lettere che mi scrive la mia serenissima Signoria, e veniva vestito di panno, cosí a la carlona. Ma i vostri uscieri due e tre volte m’hanno serrata la porta de la vostra camera su gli occhi. Onde andai a mutarmi e vestirmi del modo che vedete, e col favore de la veste sono entrato. Per questo mi sarebbe paruto commetter errore, se io non l’avessi fatto onore e ringraziata del beneficio da lei ricevuto. – Ora mi potreste dire, padre mio osservandissimo, a qual fine io v’ho narrate queste istorie. Dirollovi, per venir a la mia novella. E’ si suol dire che «chi Dio fece bello non fece povero». I lombardi poi dicono: «Vestisi un pal, che parrá un cardinal». E certamente