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s’ammazzò. Divolgatasi poi la cosa per via de la fante, Demetrio, conosciuta l’onestá di Cassandra, volle che ella rinonziasse a la donazione e la donasse ad un picciolo fanciullo, figliuolo d’un fratello di Teodoro; il che ella fece molto volontieri. Di questo fu Demetrio molto da tutti lodato, e Cassandra restò appo ciascuno in grandissima fama di bella giovane e d’onesta.
Si legge, padre mio osservandissimo, ne le croniche mantovane dal Platina composte, che Sordello Vesconte da Goito, il quale contra quell’immanissimo e crudelissimo tiranno Ecelino da Romano cosí magnificamente diffese la cittá di Mantova, fu uomo di picciola statura e d’aspetto non molto liberale, ma altrimenti di bellissimo ingegno e di forze corporali a’ suoi tempi senza pari. Onde essendo la fama de le sue prodezze per tutta Europa grandissima, capitò ne la corte del re di Francia, al quale, facendo riverenza, disse che era Sordello Vesconte. Il re, che dei fatti mirandi di Sordello aveva inteso cose assai e s’aveva imaginato ne l’animo suo che devesse esser uomo di grande statura, non puoté credere che persona sí picciola e tanto difforme fosse valente. E per questo non gli fece molta accoglienza, anzi quasi lo disprezzò. Del che il buon Sordello avvedutosi, disse: – Sire, non fate ancora giudicio di me fin ch’io vado in Italia e meno in qua testimonii a farvi fede che io sono Sordello del quale avete udito ragionar tanto. Ma se prima ch’io parta, v’è alcuno di questi vostri baroni che non creda che io sia Sordello, facciasi avanti e provi le sue forze con le mie in quel modo che meglio a lui piacerá. – Era un franzese quivi molto grande di corpo e d’aspetto assai bello, che in corte era tenuto il piú valente giostratore che ci fosse. Costui, udendo la bravata di Sordello e ne l’aspetto poco prezzandolo, disse che farebbe seco un colpo di lancia e che poi giocarebbe di stocco. Accettò Sordello l’invito e s’armò, e cosí a la presenza del re