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pietoso accidente quest’anno ne la cittá di Ragusi avvenuto. E perché la cosa fu per tutta la contrada publica e notissima, io porrò pure i veri nomi de le persone a cui il caso avvenne. Dicovi adunque che in Ragusi erano dui mercadanti greci, che di continuo se ne stavano insieme e mostravano amarsi molto cordialmente, e le loro faccende e ragioni de la mercadanzia facevano di brigata. Il piú attempato, che perciò non passava trentasei anni, si chiamava Demetrio Lissi, e l’altro, che non arrivava al tregesimo anno, si domandava Teodoro Zizimo. Aveva Demetrio una bellissima giovane per moglie, chiamata Cassandra, la quale, essendo stimata la piú bella donna di tutto il paese, era anco tenuta onestissima; e con tutto questo ella era domestichissima e piacevole, e quella che meglio sapeva intertenere una compagnia che nessuna altra de la contrada. Ora, praticando tutto il dí Teodoro in casa di Demetrio, e veggendo la beltá e i leggiadri costumi e le belle maniere di Cassandra, fieramente di lei s’accese. E come colui che era gentile ed assai discreto e conosceva quanto male a lui si convenisse di far cosa che in danno cedesse o disonore al suo compagno, ardendo miseramente e non osando le sue passioni a la donna scoprire, tutto di giorno in giorno si struggeva. Egli, perdutone il dormire, il mangiare e il bere, divenne magro, malinconico e quasi come una fantasima. Demetrio gli domandò piú volte la cagione di questo suo male, ma egli si scusava dicendo che non sapeva donde venisse. La donna anco gli diceva alcuna volta: – Teodoro, mò che cosa è questa, che tu sei divenuto cosí malinconoso e disfatto, che solevi esser l’allegria del mondo? – Egli, invece di risponderle, fieramente sospirava. Pur un dí, avendo deliberato prima che morisse voler il suo amore a Cassandra discoprire, e dicendoli la donna qual si sentiva, egli cosí le rispose: – Cassandra, io starei assai bene se mi conoscessi aver la grazia tua, senza la quale io mi sento manifestamente perire. – E qui, con quel miglior modo che seppe, le narrò tutto il suo amore, pregandola affettuosamente che di lui volesse aver compassione. La donna, udendo sí fatta ed impensata cosa, agramente lo riprese di questo suo folle amore, e che questa non era la fede che Demetrio in lui aveva. Pertanto che si distogliesse da questa sua openione e non le ne parlasse mai piú, perché s’affaticherebbe indarno, non essendo ella disposta a compiacere del suo amore a persona del mondo, se non al suo consorte. Teodoro, avuta da la donna sua questa risposta: – Or via, sia con Dio! – le disse. – Voi volete ch’io mora, ed io son disposto a morire, conoscendo chiaramente che il tormento che,