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torre, e, la gentildonna, che di lui non si prendeva cura, abbracciata, quella subito strettamente legò con le mani di dietro e la corda attaccò al piede d’una grande arca. Poi subito levò la pianchetta che la torre con la casa congiungeva. La povera gentildonna gridava aita e con parole minacciava lo schiavo; ma egli di niente si curava. Anzi il manigoldo, a mal grado che la donna avesse, di lei, quante volte gliene venne voglia, prese amorosamente piacere. I poveri figliuolini, veggendo la madre loro in tal modo straziare, che piangeva e gridava ad alta voce, anco essi amaramente piangevano. Il pianto con il grido de la padrona fu da quei di casa sentito; ma perché il ribaldo aveva levato il ponticello, nessuno poteva darle aita. Ora, poi che egli ebbe preso quel piacere de la donna che volle, si fece ad una finestra e quivi ridendo e facendo certi gesti da forsennato se ne stava, attendendo la venuta di Rinieri, al quale era ito uno di casa a cavallo a cercarlo e dettogli il tutto. Il buon gentiluomo se ne venne pieno d’ira e di mal talento contra lo sleal moro, con animo di fargli uno scherzo che non gli sarebbe piacciuto. E come lo vide a la finestra, cominciò a dirgli le piú villane parole del mondo e minacciarlo di farlo appendere per la gola. Alora il moro soghignando gli disse: – Signor Rinieri, che gridate voi? che bravate sono queste che fate? E non mi potete in modo alcuno far nocumento, se non tanto quanto io vorrò. Ricordatevi de le busse che questi giorni mi deste, sí disconciamente che non si sarebbero date ad un somaro. Ora è venuto il tempo di rendervi il contracambio. Io ho qui vostra moglie e i vostri figliuoli; e cosí ci foste voi, ché farei conoscervi che cosa è battere schiavi. Ma ciò ch’io non posso di voi fare, lo fará a la donna vostra ed ai figliuoli. Di vostra moglie ho io preso quel piacere che m’è paruto, e per la prima v’ho piantate per cimiero le corna. Del rimanente farò di modo che da indi a poco averete e voi stesso e la vita propria in odio. – E dette queste parole prese il maggiore dei figliuoli e giú da la finestra lo gittò, il quale, percotendo sui sassi, tutto si sfece. Il padre, tanta crudeltá veggendo, cadette in terra tramortito. Lo schiavo attese tanto che Rinieri in sé rivenne; il quale, in sé rivenuto e amarissimamente piangendo, per téma che il moro gli altri a terra non traboccasse, cominciò con buone parole a volerlo pacificare e promettere non solamente perdonargli il misfatto che commesso aveva, ma farlo libero e donarli migliaia di ducati, se la moglie con gli altri dui figliuoli salvi gli rendeva. Il moro, a questo parendo volere consentire, gli disse: – Vedete,