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vincere da la còlera, cacciò mano a la daga che a lato portava e, non guardando che era in chiesa, voleva ferirli. Seguiva senza dubbio lo effetto; ma molti preti, che erano in chiesa, corsero al romore e spartirono la mischia, e al mercante fu levata la daga di mano e stranamente da quelli sacerdoti percosso, che fosse stato ardito a mettere mano a le arme ne lo sacrato tempio del nostro signore Iddio. Parendo al padre di Claudio avere ragione di potersi a la giustizia querelare, andò a trovare li giudici de la giustizia di Lione, e prepose loro la sua querela. Onde fu di bisogno, per contestar la sua lite, che narrasse loro tutta la istoria occorsa tra il mercante e la Catarina, e tra suo figliuolo e la moglie del mercante. Fu messa in iscritto la detta istoria con gran piacere di tutti gli assistenti, e massimamente de li signori giudici, e vituperio infinito di esso mercante. Il quale, essendo citato dinanzi al tribunale de la giustizia, e non sapendo nè potendo negare cosa alcuna che opposta li fosse, doppo la debita consultazione, fu condannato a restituire al notaio li novanta scudi, a Claudio tutte le robe che ritenute gli aveva, e le spesa del processo. Publicata la sentenzia da li signori giudici, il castrone ser balordo, non contento che tutto Lione sapesse come egli si aveva acquistato il cimiero di Cornovaglia, volle anco che a Parigi, in quella grande e popolosa città, li suoi cornazzani privilegi si publicassero; onde si appellò de la sentenzia data in Lione e provocò al giudicio del parlamento parigino. Così fu necessario mandare il formato processo, a le spese di chi perderia la lite, a Parigi, perchè da quello gravissimo senato non ci è appellazione. Fu adunque bisogno che il notaro con il suo figliuolo Claudio, e altresì il mercante andassero presentarsi a Parigi, e proseguire la loro cominciata lite. Devete pensare, se a Lione una simile lite avea dato piacere e insiememente meraviglia a chi intesa l’aveva, che di non minore trastullo fu a li signori consiglieri di quello parlamento, parendo pure a tutti il caso essere stato molto strano, e che se egli avea posta la paglia appresso al fuoco, che non poteva con ragione alcuna lamentarsi se era arsa. La cosa fu subito divolgata per Parigi, dove di altro non si parlava che de la sciocchezza del drappieri, e da tutti era mostrato a dito come il maggiore bestione che mai fosse. Prononziarono adunque quei signori consiglieri essere stato a Lione bene giudicato e male appellato, condannando il mercante a pagare tutte le spese che il notaro in quella lite avea fatte. Ora, essendosi questo caso molto divolgato, pervenne a le orecchie del marito de la Catarina, Claudio mercieri,