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un certo cimitero molto solitario, e dove né di giorno né di notte andava persona. Come messer Simone lo seppe, lo fece intendere a messer Giovanni e volle che il dí dopo vespro si ritirasse in una camera e dicesse piú volte certe orazioni, anzi pure certe pappolate che tra loro scritte avevano, e quindi non si partisse fin che egli non lo domandasse. Da l’altra banda, in quel cimitero che detto io v’ho, fecero far una buca non molto profonda, ove al tempo ordinato Chiappino si corcò con certi fuochi artificiali, come a mano a mano intenderete. Venute le quattro ore di notte, Chiappino andò per far quanto gli era stato commesso, e messer Simone con dui dei suoi compagni, prese zappe, badili ed un paio di tenaglie, andarono a levar fuori di camera l’innamorato scolare, e tutti di brigata se n’andarono verso il cimitero. Era la notte oscura come in bocca di lupo, di modo che a pena l’un l’altro, essendo appresso, si poteva scorgere. Faceva ne l’andare messer Giovanni le maggior bravate di parole del mondo, e d’allegrezza non capeva ne la pelle. Come Chiappino gli sentí avvicinare al cimitero, ché, per esser in luogo rimoto, i compagni per avvertirlo facevano un poco di romore, subito dentro la fossa si distese, avvoltato in certi panni straziati che a posta s’aveva apparecchiato. Giunti sul cimitero, volle messer Simone che l’innamorato scolare in un cantone s’inginocchiasse, e lasciògli uno dei compagni seco a dir alquanti paternostri, e poi egli con l’altro compagno andò a la buca ove Chiappino giaceva. Quivi, come se il corpo morto dissotterrare avessero voluto, cominciarono con loro instrumenti, che recati avevano, a dar in terra e far romore e spargere de la terra, che de la buca era stata tratta fuori. E quando tempo gli parve, chiamarono lo scolare ed il compagno. Messer Giovanni, che fin a quell’ora non aveva mostrato segno di paura, cominciò tutto a tremare; pure, confortato dal compagno, s’inviò verso la buca. Ove giunto che fu, disse messer Simone: – Orsú! animosamente entrate dentro e fate l’ufficio vostro. – Discese tutto tremante il povero scolare ne la buca, e volendosi inchinare per abbracciare e basciar quel corpo, Chiappino, che in bocca aveva non so che a modo d’una noce, pieno di fuoco artificiale, mandò fuor una vampa di fuoco e di subito un’altra e un’altra, e in un tratto abbracciò egli lo scolare, il quale piú morto che vivo, suffocato da la estrema paura, in braccio a Chiappino morí, il quale imperversava con mandar fuor fuoco ed urlava. Veggendo gli altri che messer Giovanni nulla diceva e che come Chiappino aperse le braccia, che cadette in terra, pensando che fosse