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Castigo dato a Isabella Luna meretrice per la inobedenzia


a li commandamenti del governatore di Roma.


Chi sia l’Isabella de la Luna spagnuola, credo che la più parte di voi lo sappia, avendo ella lungo tempo seguitato per l’Italia e fora l’essercito de l’imperadore, nel quale altre volte molti di noi che qui siamo avemo militato. Ella, tra molte sue taccherelle puttanesche, ha che in ogni azione sua è la più soperba che trovare si possa. Dopo il discorso suo fatto a’ servigi de li soldati besognosi che volontieri cavalcano per lo piovoso, si ridusse in Roma, ove per l’ordinario attendeva prestare il corpo suo a vettura a chi meglio la pagava. Avenne che, devendo dare a uno mercatante certa somma di danari per robe che da lui prese aveva, andava menandolo in lungo e con parole d’oggi in dimane differendo il pagamento, che volontieri averia scontato con tante vetture del corpo suo. Ma il mercatante, che voleva denari e non la pace di Marcone, non le prestava orecchie, ma la sollicitava che sodisfacesse al debito. Al fatto del pagamento ella faceva sempre il sordo. Il che veggendo il mercatante, e conoscendo che se non usava altri mezzi non era per essere forse mai pagato, andò a trovare il governatore de la città di Roma, che era monsignor de’ Rossi vescovo di Pavia; e narratogli il caso suo, ottenne da lui una citazione a l’Isabella, che devesse il tale dì a tale ora comparire personalmente innanzi al tribunale di esso governatore. Andò il sergente de la corte a trovare l’Isabella al di lei alloggiamento, e ritrovò quella su la strada publica, che si interteneva a parlamento con alcuni compagnoni. Diedele il sergente il commandamento, e a bocca ancora, a la presenza di tutti quelli che con lei erano, le commandò che comparisse al determinato tempo, come è la costuma di fare. Ella, che tra l’altre sue notabili parti bestemmia crudelissimamente Iddio e tutti li santi e sante del paradiso, come ebbe in mano la cedula de la citazione, con disdegnoso viso al sergente, tutta piena di còlera e di stizza, disse: – Pesa a Dios, que quiere esto borrachio vigliaco? – Dopoi le parole, vinta da la soverchia còlera, straziò in più pezzi il papèro de la citazione, e con irreverenza e scherno, a la presenza di tutti gli astanti, così sopra le vestimenta, su le parti deretane, come se il corpo purgato avesse, se ne forbì il mal pertugio; e poi la carta così lacerata sdegnosamente al sergente restituì, dicendoli