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a buone giornate se ne andò a trovare il re Lodovico Crasso, cui diede la nuova come il duca Guglielmo era morto in Gallicia, e li presentò il testamento che esso duca fatto avea. Il re, condolutosi de la morte del duca, ebbe molto cara la disposizione che il duca fatto avea de li mariaggi de le figliuole. Alberto segretario pigliò congedo da li compagni, dicendo che, poi che il duca suo signore era morto, egli voleva rendersi religioso; e secondo che al duca avea promesso, lo andò a trovare, e vestito con lui da romito attese ancora egli a fare penitenza. Il duca, in luoco di uno mordente cilicio, si avea vestita una corazza di ferro sopra la carne nuda, e sotto il capuccio avea concio una pure di ferro celata, per più aspramente macerare la sua carne. Sarebbe troppo lungo parlamento a narrare e discorrere di uno in uno tutti quei peregrinaggi che il duca, con Alberto in compagnia, sempre caminando a piede, sofferendo mille disagi, pazientissimamente fece. Andò a Roma, ed ebbe il modo di baciar il piede al sommo pontefice Innocenzio, cui era stato lungo tempo sì aspro rubello; e a lui si manifestò chi fosse e con grandissima umilità e abondanti lagrime li dimandò perdonanza. Il papa lo accarezzò molto caritativamente e, mille volte benedicendolo, quello esortò a perseverare nel suo santo proponimento. Partito da Roma, se ne andò a visitare il santo sepolcro in Gierusalem. Colà visitò tutti quei divoti luoghi di Terra Santa, e assai vicino a Gierusalem edificò uno monastero di religiosi, ove egli dimorò circa nove anni, facendo di continovo una vita molto austera. Alberto medesimamente seguiva in tutto le vestigie del duca. Ritornò poi in Italia il duca, e in Toscana nel territorio di Pisa in una selvaggia contrada, negli anni di nostra salute mille cento cinquantasei, fece uno eremitorio, ove si congregarono molti romiti, vivendo santissimamente insieme. Dopoi il duca ebbe rivelazione come il fine de la vita sua si appropinquava; onde uno giorno, chiamato a sè Alberto, amorevolmente in questa guisa li disse: – Figliuolo e compagno mio carissimo, per quanto è piaciuto al nostro Salvatore messere Giesu Cristo rivelarmi, l’ora de la morte mia si appropinqua, volendo esso Signore metter fine a li miei travagli e per sua infinita bontà e clemenzia darmi eterno risposo. Il perchè ti prego che tu voglia andare al castello qui vicino e chiamare uno sacerdote, per confessarmi a quello e da lui ricevere li santi sagramenti de la Chiesa. – A questo annonzio il buono Alberto, teneramente piagnendo, al suo signore rispose: – Aimè, signor mio, egli conviene adunque che io resti solo in questo solitario luogo? che potrò io più fare? chi mi darà più consolazione alcuna? –