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vuole la ragione che, in quanto per me si può, con la sofferenza de li disagi venga a sodisfare al peccato de le superflue e morbide delicatezze inutilmente passate con offesa del prossimo e di Dio. Devete poi sapere che, quanto più mancherò de la compagnia degli uomini e non udirò suoni e canti de’ musici, che io porto fermissima openione e salda speranza che tanto più mi accosterò a messere Domenedio, che potrà la sua mercè farmi sentire l’armonia de li santi angeli. A quello poi che voi dite, che, retirandomi in luogo ove conosciuto non sia, io non farò bene se non a me stesso, ove dimorando nel mio ducato potrei giovare a molti e far opere pie e lodevoli assai, vi dico che io non sono più valevole che possa molto giovare al publico. A mie figliuole ho fatto buona provisione, e così a molte chiese e ospitali ho fatto varii provedimenti di grasse elemosine, come voi vederete per questo mio testamento autenticamente fatto. E perciò non sia più nessuno di voi che mi dica parola contra questa mia santa deliberazione. Quanto a voi tre, la provisione vostra è ne li miei forzeri, in tanti sacchetti signati di mia mano e del solito mio picciolo suggello. – Non fu persona de li tre servitori che osasse più dirli motto, ma si offersero largamente di fare quanto egli ordinarebbe. Finse dunque il buono duca essere gravemente infermo, e, non volendo cura nessuna di medico corporale, si confessò molto divotamente e si communicò a la presenza di tutti li suoi, a li quali, doppo, con voce languidissima disse come egli si sentiva essere giunto al fine de la vita, e che di quanto intendeva che de le cose sue si facesse, avea pienamente informato Alberto suo segretario col maestro di casa e il cameriere, e che nessuno altro il curasse se non li tre sovradetti. A mezzanotte il duca in abito di peregrino nascosamente si partì. E perchè Alberto avea detto volere andare col duca, esso duca, prima che partisse, ordinò che dopo la finta sepoltura il mastro di casa col camerieri andasse di lungo a trovare il re. Ora prepararono li tre la cassa, e acconcio uno lenzuolo con non so che dentro, che parea uno corpo d’uomo nel lenzuolo involto, diedero voce il duca a mezzanotte essere morto. Avea il maestro di casa la cassa bene inchiodata e turata, ne le fissure, de pece. Il mattino, sparsa la nuova de la morte del duca, tutto il popolo correva per vederlo; ma ritrovarono la cassa coperta di uno ricco drappo e il maestro de la casa che facea vestire di nero tutta la famiglia. Le esequie si fecero tali, quali a sì gran prencipe si convenia, e la cassa fu interrata innanzi l’altare maggiore in la chiesa di San Giacomo. Poi rimenando la compagnia verso Guascogna, egli con il camerieri