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dottissimo e gentilissimo signor Giulio Cesare ed io, a dimostrare che questi incantesimi quasi sempre si risolvono in male. Dicovi che, essendo io in Bologna e dando opera a le leggi cosí cesaree come pontificie, furono alcuni scolari di molta stima, i quali oltra il dare opera agli studi si dilettavano poi di stare sui piaceri d’ogni sorte e vivere piú lietamente che fosse possibile. E tra loro tenevano a pigione una casa, ove da l’ore che non si attendeva a studiare, sempre v’erano scolari d’ogni sorte e anco altri uomini sollazzevoli, e quivi si ragionava di cose piacevoli, si facevano giuochi, si davano tutti il meglior tempo del mondo, avendo da ogni parte bandita la malinconia, non permettendo che persona ragionasse di cose malinconose né di fastidio giá mai, di modo che per tutta Bologna di cosí lieta brigata si ragionava. Ora avvenne che uno scolare, che talora praticava con questi, s’innamorò, come ai giovini avviene, in una assai bella donna bolognese, e cominciò a seguitarla in ogni luogo ove ella andava e tenerla sollecitata di messi e ambasciate. Ma la gentildonna, che che se ne fosse cagione, non pareva che in modo alcuno fosse disposta a volerlo per innamorato. Di che il giovine si disperava, e quanto piú ella si mostrava ritrosa, tanto piú egli s’accendeva e tanto piú la teneva sollecitata. La donna, o che conoscesse che questo scolare non era perciò il piú accorto uomo del mondo, o che poco stimasse che egli le mandasse lettere e ambasciate ed altri le risapesse, accettava il tutto, ma risposta altra non dava se non che ella non voleva attendere a questi amori. Si dilettava alquanto lo scolare di comporre qualche cosetta in rima, e faceva per questa sua donna di gran sonetti e capitoli, i quali, quando agio aveva, recitava in casa di quelli scolari di cui vi dissi nel principio che facevano cosí lieta vita. Era tra questi uno, il piú brigante, faceto ed allegro del mondo, il quale, udendo le composizioni del giovine innamorato, s’accorse di leggiero che quello era un terreno dolce, senza sale e proprio da porvi la sua vanga e tener in festa tutta la brigata. Communicò questo suo pensiero agli altri suoi buon compagni; e deliberato tra loro ciò che era da fare, diedero del rimanente il carico a costui, conoscendolo uomo che per cosa ridicola che sentisse, se non voleva, di viso non si cangiava giá mai, ove per lo contrario, per dar pasto a qualcuno, smascellatamente rideva d’ogni picciola cosa e sapeva troppo bene secondare il filone, come si dice, di chiunque voleva. Questo, un dí, essendo messer Giovanni in casa loro, – ché cosí si chiamava l’innamorato scolare, – se gli accostò e gli disse: – Quanto è che voi non avete composto qualche