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avendo ragionato, lo scolare a le donne disse: – Restatevi in pace, chè io me ne vado a cena. – La maritata allora, levatasi in piede: – Per mia fè, voi non vi partirete, – soggiunse, – chè se bene mio marito non ci è, cenerete pure di brigata con noi. – E così, essendo l’ora de la cena, fu data l’acqua a le mani e servirono le massare, mentre che si cenò ragionando tra loro di piacevoli e varie cose. Finita che fu la cena, essendo già l’ora alquanto tardetta, disse la maritata a lo scolare: – Amico mio, voi per cortesia vostra sarete contento accompagnare questa mia come sorella sino a l’albergo suo, che è a punto lungo la strada che voi, andando a casa, bisogna che facciate. – E rispondendo lo scolare che molto volontieri, la vedovella allora, tutta ridente, disse: – No no, sorella mia. Tu mi hai dato cena, e tu mi darai anco letto, perchè questa notte io intendo giacermi teco. – Sia con Dio! – rispose la maritata, ancora che ne l’animo suo le despiacesse, parendole troppo duro a perdere la buona notte che sperava di avere col suo amante. Egli medesimamente forte si contristava, veggendosi rompere il suo disegno, perchè sperava, andando con la vedovella, di mettere alcuno ordine a li casi suoi, e poi tornarsene a dormire con la maritata. E parlando tra loro dui, senza dare sospetto veruno a la vedovella, andavano pure imaginandosi di trovare qualche modo per cui si potessero godere insieme. Onde disse la maritata a lo scolare: – Io sono disposta per ogni modo che tu questa notte resti meco. Vedi se tu sai imaginarti qualche inganno, col quale possiamo indurre costei che tutti tre si corchiamo nel mio letto, che come sai è grandissimo e ne caperebbe più di quattro. Io monstrerò non volere che tu ti parti. E fra tanto faremo qualche giuoco. – Si misero dapoi tutti tre a giuocare a «Gie l’e». Avendo buona pezza di tempo consumata in giuocare, disse lo scolare: – Egli è ora di andare a letto. Vogliamo noi giocare tutta la notte? Il mio albergo è molto lontano. – Soggiunse allora la maritata: – Io ti insegnerò, amico mio. Quando mio marito è a casa e tu ceni nosco, tu dormi dentro la camera di mezzo: tu lì dormirai questa notte. – Fatto questo, mentre le due donne si corcâro, lo scolare, dato l’ordine con una massara di quanto voleva fare, si andò sovra la camera de le donne, e la massara da una fenestra con una pertica frugava a la fenestra de la camera de la donna, e lo scolare di sopra faceva strepito, di modo che pareva che ci fossero ladri. La maritata, ciò sentendo: – Oimè, sorella mia, – disse, – li ladri sono in casa! – La massara in questo, correndo verso la camera de la padrona, forte ansando, picchiò a l’uscio, e lo scolare, descendendo con la ignuda spada in mano, gridava: – Ahi