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sdegno, la appassionata signora infermò di una acutissima febre colerica, che miseramente la coceva e tormentava. Il signore Francesco, fatti venire li suoi medici, non mancava a la cura de la moglie in conto alcuno. Li medici usavano tutti quelli rimedii che Ippocrate e Galeno e la scola greca e anco l’arabica loro insegnava. Ma poco giovamento a l’inferma recavano; non già che li rimedii non fossero salutiferi, ma perchè lo sdegno e la còlera che la donna aveva erano così forti e velenosi, che tutto il corpo di lei di mortalissimi umori avevano infetto e guasto. Ella, inteso il periglio nel quale era, dato luoco a la ragione, disse fra sè: – Adunque sarò io sì sciocca che per questo ingrato adultero di mio marito vorrò morire? Cessi Iddio e togliami di capo questo pensiero, che io sì pazza sia che ami chi me non ama! – Su questo pensiero prese ella meraviglioso miglioramento, e come saggia la sua passione dissimulava, avendo il fervente e maritale amore convertito in fierissimo odio. Ella notte e dì in altro non pensava che de la ricevuta ingiuria altamente vendicarsi e de le medesime armi ferire il marito, che egli ferita lei aveva. Conchiuse adunque fare il marito, stando in Padova, marchese di Cornovaglia. Andava dunque considerando chi fosse più al proposito, acciò che, eleggendo uno di costumi e vertù qualificato, facesse conoscere al mondo, se mai si risapeva, che non appetito di libidine ma sdegno e disio di giusta vendetta l’avessero astretta a rompere la fede maritale e per li capegli a viva forza tirata. Ma ella molto si ingannava, perchè non le era lecito, ben che il marito facesse male, fare ella male e peggio. Essendo adunque guarita, le vennero gli occhi gettati adosso a Vitaliano, e pensò quello devere essere atto a fare la sua e di lei vendetta. Era egli assai seco dimestico, perchè ella si prendeva assai piacere del gioco degli scacchi e sovente con Vitaliano giocava. Onde cominciò dargli il giambo e dirli che non credeva che volesse tanto bene a la moglie come egli in apparenza mostrava. Non poteva Vitaliano sofferire che se li desse la baia e se li dicesse che non amasse ardentissimamente la moglie, e che fosse uomo per amare altra donna che Dianora. Come la signora si avide che egli niente de lo scorno sapeva che da la moglie gli era fatto, deliberò del tutto avertirlo e tentare ciò che di lui poteva sperare. Giocando adunque a scacchi con lui, e di uno in altro ragionamento intrando, con bello modo gli scoperse l’adulterio de la moglie e l’ingiuria che a lui e a lei il signor Francesco faceva. Il buono Vitaliano, udendo questo e l’amore considerato che a la moglie ingrata portava, fu per morire di estrema