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ancor che molte fiate ella si sia messa a la prova di tentarmi, nè di altra donna, non mi ha fatto mancarle de la giurata promessa; ma uno certo non so che mi ha abbagliato l’intelletto, pensando io che, rivelando il nostro segreto al duca, io perpetuamente assicurassi la segretezza de li nostri amori. Tuttavia per essere io stato ignorante non è perciò che io non resti colpevole, non mi escusando in conto alcuno così grossa ignoranza, chè io devea sempre avere in mente non essere un simile segreto da rivelarsi già mai. E questa è la sola cagione che io la veggio qui morta dinanzi agli occhi miei. A me, signora mia, sarà meno crudele la morte che a voi, che per troppo lealemente amare avete posto fine a la vostra innocentissima vita. Ma a me che morte toccherà? Io stato vi sono, signora mia, infedele e traditore. E quali vizii ponno in corpo umano essere più orribili e più abominabili di questi dui? Potrò io sofferire la luce e il cospetto degli uomini con questa mia disonorata vita? Non sarò io mostro a dito da tutti? Non diranno grandi e piccioli: – Ecco Carlo Valdrio, vituperio de la sua prosapia, che tanti onorati baroni e famosi cavalieri per lo passato diede a la Borgogna? – Ma io non mi curerei le ciancie del volgo, pure che non fosse stato io cagione, signora mia, de la immatura vostra morte. Io, che devea ancidere chiunque nemico vostro, aimè! vi ho uccisa! Lasso me! signora mia soverana, se alcuno per qual si sia cagione fosse stato oso a la presenzia mia mettere mano a la spada per offendervi, non sarei io prontissimamente con l’arme in mano corso a defendervi e porre a mille rischi di morte la vita mia per salvezza de la vostra? Vi sarei io certissimamente corso senza tèma alcuna. E se io invero fatto l’averei, perchè non è egli giusto, e ragione e ogni giusticia il vuole, di così ribaldo omicida e perfidissimo più d’ogni altro assassino, che è stato ministro de la morte vostra, che da me la condecente vendetta sia fatta? Egli vi ha, consorte mia amabilissima, di altro colpo che di spada o spiedo miseramente svenata. Per questo conviene che per ogni modo questo publico e scelerato omicida mora per mano di uno ribaldo manigoldo. E quale al mondo più infame manigoldo di me può trovarsi? O cieco Amore, io grandemente ti ho offeso, essendo stato così trascurato ne l’ampio tuo amoroso regno, onde tu, non vuole equità alcuna che tu mi porgi soccorso, come a quella fatto hai che la tua legge fedelmente ha servata, non essendo onesto che io con sì bella morte finisca i giorni miei. Degno adunque è che io con le proprie mani cacci questa scelerata anima fora di questo corpo. – Con queste parole egli depose