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di consenso di tutte due le parti. – Restò il duca, quanto in sè era, assai sodisfatto, e li promise non astringerlo a dire chi fosse; e per l’avenire fece migliore viso a Carlo che per innanzi fatto non aveva. La diavolessa de la duchessa, veggendo le sue bugie e gherminelle non valere, tanto fece e tanto disse e così notte e dì tanto tempestò le orecchie al duca, che lo astrinse a devere intendere il nome de la donna, dicendo che tutte queste fizzioni faceva Carlo per celare la sua sceleraggine e che, non la nominando, ella non dava fede a le ciancie di Carlo. Astretto il duca dal continovo e fastidioso stimolo de la serpentina lingua de la sua scelerata consorte, passeggiando indi a poco in uno giardino, chiamò a sè Carlo e gli disse: – Io sono di modo molestato da la mia consorte che non mi lascia vivere, con dirmi che tu mi inganni non mi volendo manifestare il nome di quella dama che tu ami. Però, se tu vuoi che io in tutto esca fore di travaglio e mi acqueti, egli ti conviene dirmi il nome di costei. – Carlo, a queste parole quasi stordito, amaramente lagrimando disse: – Signore mio, se noi fossemo in luoco che nessuno ci potesse vedere, io mi gitterei a li vostri piedi e umilissimamente vi supplicherei, come adesso con tutto il core faccio, che non vogliate sforzarmi a palesare la mia signora e commettere tanta follia contro quella che già più di sette anni amo e adoro, avendola sempre, secondo le nostre giurate convenzioni, tenuta a ciascuno celata. Onde io meglio amerei morire che farle questa ingiuria già mai, conoscendo senza dubbio veruno che io in una ora perderei tutto il bene che in tanti anni avea acquistato. – Veggendo cotanta resistenza, il duca entrò in una estrema gelosia. Dubitando esser vero ciò che la moglie affermato gli avea; onde con turbato viso, tutto pieno di còlera, disse: – Eleggi, Carlo, una de le due cose che ora di propongo: o tu mi noma chi è colei che ami, o tu te ne andrai via bandito perpetuamente da le terre mie. E se, passati otto dì che ti dono di termine per conciare i fatti tuoi, tu sarai ne li confini miei trovato, io di crudelissima morte ti farò smembrare. – Se mai fierissimo cordoglio o acerbissima pena trafisse il core di uno leale, fedele e vero amante, questo fu l’acuto coltello che passò l’anima del povero infelice Carlo, con ciò sia che conosceva, rivelando il nome de la sua cara amata, se mai si fosse risaputo, che era certissimo di perderla. Vedeva poi, nol dicendo, che restava bandito dal paese e luoghi ove ella se ne dimorava, senza speranza di mai più vederla. Astretto dunque da questi due estremi, fu quasi per isvenire, e lo preso uno fiero sudore, freddo come ghiaccio. Il che veggendo il duca e che in