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tale contegno quale Carlo teneva, facendo vista di non accorgersi in modo veruno de le fiamme di lei che miseramente la distruggevano, non possendo più sofferire tanta pena, deposto ogni timore e vergogna, tra sè conchiuse essere quella che il suo amore a Carlo discoprisse e umilmente lo supplicasse che volesse avere di lei compassione. Onde, trovatolo uno dì tutto solo, con bassa voce li disse: – Carlo, io ho da conferir teco di affari di grandissima importanza. – Egli con debita riverenza le rispose: – Madama, eccomi presto a ubedirvi in tutto quello che per me fare si può. – Se ne andò la duchessa allora a una finestra, assai lunge da tutti coloro, uomini e donne, che colà entro erano, e volle che egli appo lei a quella si appoggiasse, e intrò a parlarli del primo proposito, riprendendolo che ancora non si avesse eletta alcuna dama per sua suprema donna, offerendosegli in ogni evento di essergli aiutrice e favorevole. A questo rispose Carlo: – Già, madama, vi ho detto, e ora anco vi dico che la grandissima paura che io ho di essere sprezzato non mi lascia intrare in questo periglioso labirinto di amore, perchè io conosco il temperamento del mio core, che se una volta io mi vedessi del presentare il mio servigio essere recusato e non esaudito, io mai più in questo mondo non viverei gioioso, e il viver mio saria peggio che morte. – La duchessa allora, venendo nel viso colorita come rosa matutina a l’apparir del sole, sperando vincerlo e acquistarlo, tutta tremante li disse: – Carlo, tu grandemente sei errato e for di modo ti inganni, perchè io conosco, se tu vuoi essere vero e leale amante, che la più bella dama di questa compagnia si riputerà beatissima se tu ti disponi ad amarla, e, donandoti l’amore suo, ti farà di se stessa signore. – A questo soggiunse egli che non si poteva persuadere che in quella onesta compagnia si trovasse dama sì cieca e male aventurosa che lo credesse buono per lei. La duchessa, veggendo che egli non la sapeva o più tosto non la voleva intendere, conoscendolo aveduto e scaltrito, si deliberò, come dire si suole, cavarsi la maschera e cominciare a parlare più chiaro e discoprirgli in quanto tormento per amore di lui se ne viveva, anzi più tosto di dolore moriva. Indi in cotale modo lo interrogò, dicendo: – Carlo, se la tua buona fortuna e propicio cielo ti avessero tanto preso a favorire e levarti in alto che io fussi quella che di perfetto e leale core ti amassi, che faresti tu? – Carlo allora, udendo simili parole, si inginocchiò e quasi fora di sè così le rispose: – Madama, quando nostro signore Iddio degnasse di farmi tanta segnalata grazia che io avessi quella del signore duca