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pesce, si cacciò ne la palude. Ed essendo l’acqua poco profonda, piena di pantano e vorticosa, e non potendo il suo cavallo levarsi a nuoto, lo volle ritornare in terra, acciò che, forse in se stesso tornato e ripreso animo, più onestamente e da par suo cadesse combattendo. Ma indarno affaticandosi, fu da li barbari ferito e, tratto da cavallo, ne le acque si morì. Il Tomasio, il Macedonio, Antonio Grandillo e Lorenzo Monforzio, giovani e uomini arditi e nobilissimi, fortemente combattendo, poi che videro non essere ordine a restituire la battaglia, esortando li commilitoni che valentemente combattessero, acciò che invendicati non morissero, tutti insieme conglobati e come lioni scatenati si cacciarono tra li nemici e assai di quelli ne uccisero. A la fine, pieni di molte ferite, in mezzo a una gran moltitudine di nemici morti da loro, perduto il sangue, onoratamente caddero. Fu anco morto col Lofredio, Carlo Focco, di nazione greco, di sangue molto illustre. Francesco Sergente, Antonio Boccapiana e Lucio Bruto sino a la Goletta nuotarono. Il resto fu da li barbari morto, oltra quelli che ne la palude restarono affogati. Lo sfortunato Muleasse, del suo sangue, e de l’ostile, e de la polvere tutto sporco e imbrattato, fuggendo con alcuni pochi de li suoi, da nessuna cosa più tosto fu da li nemici conosciuto che da la soavissima e grande esalazione degli odoratissimi unguenti che a dosso portava. Egli fu preso e presentato a Amida vittorioso, il quale nessuna cosa più ebbe a core che fare acciecare suo padre Muleasse, facendoli con uno scarpellino di ferro affocato guastare le pupille degli occhi. Questa medesima crudeltà usò il perfido Amida contro Naasar e Abdalà, suoi menori fratelli che il padre seguìto avevano. Scrisse dapoi a Francesco Tovarre come aveva alcuni pochi prigioni cristiani e che li restituirebbe. Gli scrisse anco come a Muleasse suo padre, che meritava molto maggior supplizio, avea lasciata la vita. E secondo che esso Muleasse altre volte molti suoi fratelli avea acciecati, che il medesimo avea fatto fare a lui, acciò che restasse esempio al mondo a li crudeli e sanguinarii uomini i loro maleficii non restare impuniti, gloriandosi lo scelerato figliuolo avere usato clemenzia verso il perfidioso padre lasciandolo in vita. Scriveva anco che era contento confermare con alquante condizioni l’amicizia che Tovarre teneva con Muleasse, istimando quella ne le perturbazioni del novo regno devergli essere molto a proposito e di gran profitto. Tovarre tutto ciò che al presente commodo poteva servire non rifiutava; onde Amida gli appresentò certa quantità di denari, che si desse per lo stipendio a li soldati spagnuoli che