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NOVELLA III
Crudeltà di Amida figliuolo di Muleasse re di Tunesi contra
esso suo padre in privarlo del regno e fargli acciecare gli occhi.
Di poi che Carlo, quinto di questo nome imperadore, per assicurare i liti de la Sicilia, Sardegna e Corsica e col paese litorale del Regno di genovesi e de le Spagne, fece l’impresa in Africa de la Goletta, e che cacciò, del regno di Tunesi occupato, Ariadeno, il quale Barbarossa è cognominato, ritenne l’imperadore per sè la acquistata Goletta e vi mise dentro il presidio de li soldati spagnuoli, con li quali io lungo tempo avea militato, e creduto da molti essere nato in Ispagna. Restituì poi con certi patti esso reame di Tunesi al re Muleasse, che da Barbarossa con fraude grandissima ne era stato messo fora. Era Muleasse de la famiglia antichissima de li Correi, la quale ebbe origine del Homare, cubino del perfido Maometo pseudoprofeta, che è durata più di novecento cinquanta anni senza mai essersi interrotta. Adunque ritornato Muleasse al patrio e avito regno, poi che si avide che le forze del Barbarossa erano, col favore di Solimano monarca de’ turchi, molto potenti e già in l’Africa ben fondate, avendo li seguaci di esso Barbarossa grandemente munita e fortificata Constantina, città mediterranea, che anticamente fu Cirta, patria di Massinissa, e altresì lungo la marina occupata e fatta inespugnabile la picciola Lepti, che oggidì li africani chiamano Mahemondia e noi altri appelliamo Africa, e tenendo ancora Adrumeto, che Maometa si dice dal volgo, si deliberò il detto re Muleasse navigare in Italia per trovar Carlo imperadore, che allora ci era, per impetrare da lui uno gagliardo soccorso contra turchi. Ma per lasciare il regno di Tunesi, provisto contra nemici per ogni cosa che potesse accadere, ordinò che uno chiamato Maumete, che allora governava il magistrato primario de la città, che si chiama «manifete», fosse governatore generale con autorità grandissima. In ròcca poi per castellano mise uno còrso rinegato, che di schiavo avea fatto franco, il quale, perchè di natura era molto allegro e festevole, tutti chiamavano «Fares», che in quella lingua significa «lieto». A l’esercito pose per capitano uno de li figliuoli, detto Amida, giovane audace, acciò che tenesse sicura la campagna e quella guardasse da le incursioni de li turchi e de li numidi. Portava egli per donare a l’imperadore ricchi e preziosi tapeti e varii fornimenti da adornare letti, che erano lavorati