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novella i. 219

Egli, riverentemente baciata la fanciulla e la madre, appresso se ne va per i fatti suoi. Il baciarsi colà in ogni luogo e tempo è lecito a ciascuno. Questa vita fanno le fanciulle da marito; ma come sono maritate non è più lecito loro a fare l’amore con persona, almeno apertamente. Che ciò che poi le maritate facciano, io non ne sono molto curioso a investigarlo, essendo cose che in segreto si fanno. PQnno ora essere circa quattordici anni o quindici, che in Anversa era per nobiltà, oneste ricchezze e dimestica e gentilissima pratica in grandissimo prezzo, ed ancora è, benchè sia di età matura, e non maritata già mai, la signora Maria Veruè, che è delle prime di Anversa. Ella, per le sue bellezze e per la grata e piacevole sua conversazione e altre buone qualitati, aveva più servitori e innamorati, che qualunque altra fosse in Anversa; perciocchè Raminghi, Tedeschi, Francesi, Inglesi, Italiani, Spaglinoli e giovani d’ogni altra nazione, che in Anversa praticavano, tutti le facevano il servitore, e ogni di la corteggiavano, onoravano e servivano; di modo che la sua casa pareva di un governatore del luogo: cos’i da ogni tempo era dagli amanti frequentata.

Filiberto principe di Orango, che fu generale dell’imperadore in Italia, e morì nella ossidione della città di Firenze; fu uno de’ suoi amatori; di modo che per qualche tempo era generale opinione che egli la dovesse prender per moglie. Era in que’ tempi in Anversa Simone Turchi lucchese, agente dei Buonvisi mercanti famosi di Lucca. Prese egli la pratica della signora Maria Veruè, circa quattordici anni sono; e cominciò con tanta assiduità a corteggiarla e servii la, che mai non si partiva da lei, lasciando ogni altra faccenda da canto; di maniera che la signora Veruè mostraa ascilo molto caro. Soleva ella in una sua sala, ove dimorava quando era corteggiata, tenere i ritraili dal naturale di tutti quelli che le facevano servitù. Onde ciascuno, come si metteva a fare seco l’amore, le mandava il proprio ritratto fatto [>er mai:." ili nobile pittore, ed ella con gli altri in sala il faceva attaccare, e ve ne aveva più di quaranta. Dopo quattro anni che Simone Turchi era giunto in Anversa, Geronimo Deodati lucchese ci andò egli con buona somma di danari, e colà a trafficare si fermò, ed entrò in pochi dì nel numero de’ servitori della signora Venie. Quivi pigliò egli stretta conversazione con il Turchi; il quale, come detto vi ho, non era molto diligente ai negozii pertinenti ai Buonvisi. E avendo Simone bisogno di danari, ne richiese al Deodati, il quale in più volte li prestò circa tre mila scudi. Intendendo i Buonvisi il mal governo che il Turchi