Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
Credeva adunque il malvagio vecchio che, subito che il giovine si vedeva dagli sbirri attorniato, devesse cacciar mano a l’arme, e nel diffendersi, per non lasciarsi far prigione, ferire alcuno di quelli de la corte ed a la fine esser imprigionato, di modo che si venisse a proceder contra di lui de crimine laesae maiestatis, per aver date de le ferite ai sergenti reali. Ma il pensiero a questa volta gli andò fallito. Erano alcuni giovini amici di Gian Battista seco, che per la cittá l’accompagnavano, e andavano ragionando di varie cose. Gli sbirri, che per l’ordinario non son troppo valenti ma timidi e poltroni, incontrarono piú volte il giovine né mai ebbero ardire di porli le mani a dosso, sí perché lo conoscevano valente e sí ancora perché lo vedevano benissimo accompagnato; nientedimeno gli andavano facendo la ruota attorno. Era tra quelli de la compagnia del giovine uno, che pochi dí innanzi aveva fatto questione con uno e gli aveva date tre ferite, ma non perigliose de la vita. Egli, veggendo gli sbirri che l’andavano attorniando, disse ai compagni: – Questi sergenti gaglioffi mi vanno facendo la ruota per ghermirmi per la mischia di questi dí; ma se mi s’accostano, io darò loro di quello che non vanno forse cercando. – A queste parole Gian Battista, rivolto ai sergenti, disse loro molto arditamente: – Compagni, volete voi nulla, che ci andate cosí attorniando? – I sergenti alora con le berrette in mano: – Signore, – risposero, – noi abbiamo commissione da la corte di condurvi in prigione. – Me? – disse Giovan Battista. – Se la cosa è criminale, non v’accostate, perché, al corpo di Cristo, io vi darò de le croste e vi gratterò la rogna, insegnandovi a trescar con i par miei. Se la cosa è civile, io liberamente verrò al signor luogotenente a presentarmi. – Ella è, – soggiunsero gli sbirri, – per debiti che in questa cittá devete pagare. – Oh, questo è un nuovo caso! – disse il giovane. – Io son qui per riscuoter danari e debbo aver una gran somma, e mò si vorrá ch’io sia il debitore! Andate, andate, ch’io vengo mò mò a Palazzo. – Partiti gli sbirri, trovarono il vecchio che gli attendeva, il quale, come gli vide senza il prigionero, domandò loro per qual cagione non avevano preso il giovane. Eglino si scusarono che sempre l’avevano trovato con buona compagnia. Il maledetto vecchio, veggendo le sue volpine malizie non gli esser riuscite, si trovò molto di mala voglia e, quasi presago de la sopravegnente rovina, non sapeva che farsi. Gian Battista se n’andò di lungo a Palazzo e, presentatosi al giudice, disse: – Signore, io sono il tale, cui contra concesso avete presa di corpo. Eccomi per sodisfar a tutto quello di che con