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Levossi una fantesca e, accesa la lucerna, montò le scale e andò di sopra per vedere onde quei strepiti nascessero. Il canonico, che stava a la vedetta, come la fante fu di sopra, cosí saltabellando faceva un abissar grandissimo e suffolava fieramente, mandando fuori da le corna, da le lunghe orecchie e da altri luoghi de la diabolica maschera fiammelle di fuoco con fumi che putivano fieramente. A cosí orrendo spettacolo la timida fante, spaventata, con la maggior fretta corse giú da la scala, che non si dá la fava la notte e ’l giorno dei morti. E non potendo a pena favellare, disse pure al padrone che aveva veduto il diavolo. Egli, credendo che la fante non fosse in cervello, salí in alto e vide tutto ciò che quella detto aveva, e spaventato sopra modo, fu per isvenire e vie piú che di galoppo smontò la scala. Durò questa festa molti dí, tuttavia entrando per lo spiraglio del tetto ed uscendo messer lo canonico a suo piacere. Si divolgò il fatto per la villa e si cominciarono a dire di molte ciance. Chi diceva una cosa e chi un’altra. Dicevano alcuni cotali visioni diaboliche apparire perché altre volte una femina sovra quel solaro s’era da se stessa per la gola impiccata. Altri affermavano sentirsi quei romori perché un fratello del padrone de la casa, che era morto, aveva fatto voto d’andar a visitare San Clodo e non v’era ito, e meno aveva sodisfatto ad un altro voto d’andare a Monte San Michele nel paese di Bertagna. E cosí diversi diversamente parlavano. Fu fatto venire il parrocchiano a benedire con acqua santa la casa. Né gli bastò d’averla benedetta il giorno, ché, essendo la notte restato col suo chierico in casa, come sentí il romore, fatta prender la croce e l’acqua santa, volle salir di sopra. Ma tosto si pentí, perché veggendo cosí orrendo e spaventoso mostro, gettata in terra la croce e l’aspersorio, se ne volò furiosamente a basso. Ora, veggendo il padrone a nessun modo tanta seccaggine di romori cessare, deliberò trovar un’altra casa e vender quella; onde la fece offerire al canonico. Egli, che vedeva il suo avviso riuscirgli a pennello, se ne mostrò svogliato, dicendo che piú non ne aveva bisogno. E per la fama che era sparsa quella casa esser divenuta una spelonca di spiriti, non ci era persona che comprare la volesse, né anco accettar in dono. A la fine mostrò il canonico per compassione volerla comprare, e l’ebbe per la metá meno di quello che buonamente valeva. Avvenne un dí che, lamentandosi uno col canonico, che piativa e non poteva venir a capo de la lite, narrò la materia de la sua lite ad esso canonico. A cui egli disse: – Amico mio, tu non sai litigare. Io so fare i fatti miei senza tanti processi. – E non considerando