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una cognata de lo sbirro, donna di trenta anni, la quale aveva un pezzo d’una picca rotta in mano e dava al giovine al piú dritto che sapeva. Egli, vergognandosi ferire una donna, attendeva a lo sbirro. La sorella del giovine, sentendo il romore, diede di mano ad una spada e animosamente saltata fuori, per la prima pigliò l’asta di mano a l’altra donna, e con quella le diede due o tre gran bastonate, di modo che ebbe di grazia di ritirarsi a dietro. La giovane dapoi diceva al fratello: – Fratel mio, lascia far a me con questo sbirro ladro, ché io lo castigherò. – Volle il giovine piú volte cacciar via la sorella da quella mischia, attendendo piú a farla partire che di battere il nemico. Ma ella mai non lo consentí, anzi tanto fece che, come una leonza gettatasi a dosso a lo sbirro, lo ferí su la testa. Il giovane, veggendo il nemico ferito, si ritirò e medesimamente voleva che la giovane si ritirasse; ma il tutto era indarno. Ella gli diede tante ferite che lo uccise; il che parve a’ circonstanti, che il romore quivi tratti aveva, una cosa miracolosa, e veggendo ciò che con gli occhi proprii vedevano, si credevano insognarsi. Ed ecco in questo che sovragiunse uno dei bargelli del capitano di giustizia, il quale, trovato il sergente de la corte morto, e veduto il giovine e la sorella con l’armi ancora in mano, fece prendere il giovine per menarlo a la corte. Ma la fanciulla, che per la mischia era tutta affocata come un ardente carbone, veggendo menar il fratello in prigione, fattasi innanzi al bargello, animosamente gli disse: – Signore, se io con questa spada ho ammazzato questo traditore che voleva ancidere mio fratello, se nessuno deve esser punito, io merto la punizione. Ma non penso che diffendendoci debbiamo meritare pena alcuna. – Il bargello, non si potendo imaginare che una giovane avesse fatto questo omicidio, né altro ricercando, poi che il giovine preso nulla diceva, condusse il prigioniero a la corte. Il caso fu fatto intendere al molto cortese e da bene signor Alessandro Bentivoglio, il quale, del tutto pienamente informato, ebbe modo di far metter in luogo sicuro la giovane, che Bianca si domandava, a ciò non venisse a le mani de la giustizia. E volendo il capitano di giustizia far il processo contra Gioan Antonio, il signor Alessandro prese a diffenderlo con la ragione. E fatti essaminare molti testimonii, si trovò che il giovine non era in colpa de la morte del sergente, anzi fu provato ch’egli s’era affaticato pur assai per levar la sorella da l’impresa, di modo che egli fu assolto ed uscí di prigione. Si attese poi a la salvezza de la donna, e la cosa andò sí bene, che si provò che ciò che ella fatto aveva il tutto era stato