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che si fingono su le mani. Ma io vi dico una vera istoria, perciò che, quando ella fu dentro il castello di Londra decapitata, io mi vi trovai e sentii leggersi il processo, essendo giá ella condutta su la baltresca, e vidi anco mozzar il capo a cinque suoi adulteri, dei quali quattro ne avete da me uditi. Resta che vi annoveri anco il quinto, del quale molto piú vi meraviglierete, e sará ben ragione. Era in corte un Marco, di bassa condizione, che fu figliuolo d’un legnaiuolo ed aveva imparato a cantare e sonava di varii stormenti di musica, e per questo era amato dal re, e assai sovente, quando era in letto con la reina, lo faceva entrar in camera e, se ben non v’era, lasciava che Marco, essendo la reina in camera, innanzi a lei cantasse e sonasse. Sapeva Marco tutti gli amori disonesti de la reina, e v’era anco una donzella nominata Margarita, che a la reina teneva mano in questi suoi adulterii. Ora accostumava la reina, quando il re era levato, di farsi venir Marco e udirlo sonare; ma o che ella lo facesse a ciò che fosse secreto e non rivelasse ciò che ella con i baroni giá detti faceva, o pur che volesse provare se egli cosí ben sonava con la piva come faceva con gli stromenti, piú e piú volte se lo recò in braccio, compiacendoli di quello che, dal re in fuori, deveva a tutto il mondo esser scarsissima. E cosí la disonesta reina ora con uno ed ora con un altro, sempre che n’aveva l’agio, si trastullava e sempre piú stracca che sazia rimaneva. Era bene per la corte qualche dubio de l’onestá sua; ma, veggendo che il re piú che gli occhi proprii l’amava, nessuno ardiva farne motto, e gli adulteri andavano dietro a buon gioco. Il re medesimamente, non contento de la possessione de la reina, amorosamente godeva una dama bellissima che stava in corte con la reina, con la quale egli giocava spesso a le braccia, ma sempre toccava a la donna a star di sotto. Questa dama era sorella di maestro Antonio Bruno medico, al quale il re faceva di gran carezze e mostrava averlo molto caro. S’accorse poi il re come questa dama si domesticava troppo volentieri con gli uomini e che spesso voleva a la lotta isperimentare chi fosse di piú forte nerbo e dura schena; del che non mezzanamente si turbò e sdegnossi seco. Onde, fattosi un giorno chiamar il fratello di lei, in questo modo gli disse: – Antonio, assai mi rincresce dirti cosa che ti possa far dispiacere, perché t’amo e vorrei poterti sempre far cosa che grata ti fosse; ma per onor mio io sono sforzato dirti quanto ora ti dirò. Io voglio metter in assetto e regolar la corte di mia moglie e levarne certe pratiche che non mi piacciono. Ed a far questo egli è sommamente