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piazza di Londra publicamente, come un assassino, gli sia mozzo il capo. E perché? che sceleratezza ha egli commessa? che fallo, che per man d’un manigoldo debbia morire? Egli forse dirá: perciò che ha sposato la figliuola di madama vostra sorella, che nel primo matrimonio fu reina di Scozia. Ma questo che peccato è? Non sapete, sire, che i matrimoni deveno esser liberi e volontarii e che ciascuna donna può prender per marito chi piú le aggrada, ed altresí l’uomo è ne la medesima libertá, e il padre proprio non può vietare che la figliuola non prenda per marito quell’uomo che vuole? Non fa il matrimonio il giacer insieme e godersi carnalmente un uomo e una donna, ma il cambievole consentimento libero e volontario è quello che rende il matrimonio vero. Sí che, signor mio, non permettete questi omicidii anzi publici assassinamenti, e levate via l’occasione ai vostri sudditi d’incrudelire contra i vostri ufficiali. – Il re su questo fece chiamare il contestabile in camera e gli domandò la cagione de la sentenza data contra il signor Tomaso. E dicendo il Cremonello certe sue pappolate senza ragione, il duca se gli rivoltò contra e, senza rispetto veruno de la presenza del re e de l’ufficio del contestabile che egli aveva, gli disse le maggior villanie del mondo e fieramente lo minacciò. Il re, che che se ne fosse cagione, lo lasciò liberamente dire contra il suo contestabile tutto quello che egli volle. A la fine, dopo essersi lungamente disfogato, il duca ultimamente disse: – Io prometto a Dio, se mio nipote per questo matrimonio muore, non avendo altrimenti, che si sappia, peccato, che ne morranno piú di dieci. – E detto questo, se n’uscí de la camera del re senza prender altro congedo, e se n’andò al suo albergo. Rimase il re molto di mala voglia de la mala contentezza del duca, e si dice che stette buona pezza senza dir parola. Ora, perché il duca era il piú nobil barone che fosse in tutta l’isola de l’Inghilterra ed uomo appresso a quei popoli di grandissima stima e di molto séguito, non volle che il contestabile per quel giorno uscisse di castello, dubitando tuttavia di qualche inconveniente, e mandò piú fiate per ispiare ciò che il duca faceva, il quale non fece altro movimento che saper si potesse. Il dí seguente fece il re rivocar la sentenza publicata contra il signor Tomaso; nondimeno volle che tutti dui gli amanti rimanessero in prigione. Era il nipote del duca in una torre, a l’alto de la quale montando, poteva veder sua moglie, che era in un alto torrione assai vicino, e poteva da certe finestre parlar insieme; il che era pure a le passioni loro qualche alleggiamento, avendo tuttavia speranza che il re, mosso a pietá,