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illustre signore
Ancor che l’etá nostra in molte cose sia, se non superiore, almeno a quelle antiche passate e tanto famose uguale come tante fiate voi e il dotto messer Girolamo Cittadino meco ne la mia camera avete ragionato, discorrendo ne le cose de l’armi e de la milizia moderna e d’ogni sorte di lettere; in una cosa si può dire che ella sia di gran lunga inferiore, né credo che voi e il Cittadino mi debbiate contradire, per ciò che la cosa è troppo chiara e manifesta. E questa è la carestia dei buoni scrittori, dei quali quei tempi antichi erano copiosissimi. A quei tempi se un uomo o donna faceva un atto o diceva un arguto motto che meritasse lode, subito erano scritti. Né bastava loro semplicemente descrivere la cosa come era fatta o detta, ma con titoli, con epigrammi, con statue ed archi celebravano, onoravano, lodavano e la cantavano. Per lo contrario a’ nostri giorni non solamente non cerchiamo di essaltare e magnificare l’opere meritevoli di lode e commendare i belli e ingegnosi detti che secondo l’occorrenti materie si dicono; ma, che molto peggio è, non ci è chi gli scriva, mercé del guasto mondo ed avaro e di tante mortali ed orrende guerre che la povera Italia hanno tanti e tanti anni tenuta oppressa, di modo che si può con veritá dire che le muse ai fieri tuoni di tamburi, trombe e artigliarie sono in cima di Parnaso fuggite. E nondimeno si vede che tutto il dí accadeno cose bellissime che sono degne d’eterna memoria. Ora avendo il nostro signor Giovanni Castiglione fatto un desinare a molti gentiluomini e gentildonne, dopo che si fu desinato, ragionandosi di varie cose, il signor Guarnero suo fratello disse a messer Giovanni Antonio Cusano, medico eccellente, che dovesse rompere i varii ragionamenti de la brigata e con qualche novella intertenesse sí bella compagnia di gentildonne e gentiluomini come era quella. Il Cusano che è, oltra la nobiltá de la famiglia, cortese e molto dotta persona, non seppe a la richiesta contradire; onde, fatto silenzio, narrò una novelletta in Milano accaduta. La quale, perché m’è paruta degna di memoria, ho voluto scrivere e a voi donare, non giá perché io non istimi il valor vostro e le vertuose vostre doti, da