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il paggio di vilissimo e basso sangue, e per pietá in casa nodrito. E non avendo ella risguardo quale ella fosse e a cui si sottomettesse, piú volte con lui amorosamente si giacque. Nessuno mai di casa di quest’amore s’accorse; onde si davano insieme il meglior tempo del mondo, non passando quasi mai settimana che due e tre volte non sonassero le campane a doppio. Mentre che eglino facevano insieme amorosamente guazzabuglio, avvenne che un giovine nobilissimo e ricchissimo de la contrada, suso una festa che si faceva, molto onorevole di grandi personaggi, vide Pandora ed ella lui; di modo che, piacendo l’uno a l’altro, il giovine per via di buona somma di danari corruppe la donna che la governava, e col mezzo di lei si giacque con Pandora piú e piú fiate, ben che fra questo mezzo il ragazzo non perdesse le sue poste. Fu necessario al giovine di partirsi, avendo carco di soldati, e andare a la guerra. Avvenne in quei dí che Pandora fu dai parenti maritata. Il marito era ricco e nobile, ma quasi vecchio, ché passava i quaranta e sette anni, e Pandora deveva esser di venti in ventuno anno. Egli, che era buon cristiano e pensava aver avuto una gran ventura a prender sí bella e nobil giovane, la prese per pulcella e la teneva molto cara. Il paggio, per esser in casa di lei nodrito, prese la medesima domestichezza in casa del marito che ne l’altra aveva, ed ogni volta che la comoditá ci era, levava de le fatiche al buon vecchio, aiutandolo molto spesso a coltivare ed innacquare il giardino, a ciò non venisse, come fanno i campi senz’acqua, arido e secco. Non era ancora un anno che aveva preso marito, quando il signor Candido Giocondi si partí da Roma e venne, per certe mischie fatte, ove Pandora abitava; e veggendo la giovane bella e vaga e molto lieta e festevole, che sommamente d’esser vagheggiata godeva, finse seco l’innamorato, mostrandosi tutto per lei struggere. Ella, che volentieri cangiava soma, in pochi giorni quello a lato si mise, il quale, quanto dimorò ove Pandora stava, con lei assai spesso s’andava a giacere. Mentre che il signor Candido la donna godeva, un giovine de la terra, né molto nobile né ricco, ma grande ed appariscente, che poco avanti era di Levante tornato, di lei sí fieramente s’invaghí che giorno e notte sol di lei pensava, né mai aveva bene se non quando la mirava. Chiamavasi costui Franciotto Placido. Ella, che de l’amore di lui si accorse, quantunque dal signor Candido e dal paggio e talora dal marito fosse consolata, nondimeno volle di quest’altro le forze sperimentare, in modo che il suo molino mai non istava indarno. E per aver pur comoditá di pigliar i suoi piaceri, mostrava aver