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ti benedica! di’ liberamente ciò che tu desideri. – Marcone, che non aveva cervello per una lumaca e di mente gli era uscito ciò che imparato aveva, e forse era da qualche appetito stimolato, gridò ad alta voce: – Messere, io vorrei metter il diavolo ne l’inferno. – Ma lo disse senza chiosa né velamento, a la spiegata, parlando naturalmente. Il che mosse tutto il popolo a ridere, e fu necessario che il buon frate di pergamo senza far frutto smontasse ed imparasse un’altra volta a non far fondamento su parole di pazzi.
Non è molto che essendo alloggiato in casa vostra il gentilissimo messer Bonifazio Aldigeri, venendo io a visitarlo, vi ritrovai il nostro messer Francesco Tanzio. E sedendo con alcuni altri sotto il pergolato del vostro amenissimo giardino, s’entrò a ragionare di quanta forza sia appo tutte le nazioni la vertú. Onde da vostro zio messer Elia Sartirana fu detto di quei ladroni, che, tratti da la fama del maggiore Scipione Affricano, essendo egli bandito a Linterno, l’andarono a visitare per baciar la mano che l’Affrica aveva debellata. E veramente de la vertú il poter è molto grande, perciò che non solamente tira i buoni al suo amore, ma alletta ancora i tristi a la sua riverenza ed osservanza; del che infiniti essempi addurre si potrebbero. In simili ragionamenti adunque il Tanzio una istorietta narrò, ove leggiadramente ne fece vedere che appo genti barbare un atto vertuoso assai spesso è in prezio. Io essa novella subito scrissi, con pensiero che, essendo nel vostro giardino nata, ella fosse vostra. E cosí con questa mia ve la mando e dono.Novella