Pagina:Bandello - Novelle. 3, 1853.djvu/98

altre volte fatto avete. Sire, egli è tempo di venir a desinare e lasciar questi pensieri. – Il re alora fatto buon animo così le disse: – Ahi, dama mia cara, io mi sento di soverchia pena scoppiare il cor nel corpo, e sono sforzato, se vivere voglio, di manifestarvi il segreto de l’animo mio e scoprirvi la cagione del penace mio dolore, parendomi che a voi e a me non convenga che io altrui di questo faccia consapevole. Vi dico adunque che subito che io arrivai a Salberì e vidi l’incredibile e divina vostra bellezza, i saggi ed onesti modi, la grazia ed il valor vostro con l’altre doti che in voi risplendeno come gemma legata in biondo e terso oro, in quel punto medesimo mi sentii esser vostro prigionero, e in modo da questi divini raggi dei begli occhi vostri abbrusciarmi che io più non sono in mio potere, ma in tutto e per tutto dipendo da voi, di tal maniera che la vita e morte mia sono ne le vostre mani. Chè se io' 'conoscerò che vi piaccia di ricevermi per vostro ed aver di me compassione, io viverò il più lieto e il più gioioso uomo del mondo; ma se per mia mala sorte voi di questo mio amore schiva vi mostrarete, non degnando di porger soccorso a l’intensissima doglia che sensibilmente a poco a poco mi va come cera al fuoco consumando, io in breve finirò i giorni miei, chè tanto a me è possibile che io senza la grazia vostra viva, quanto può un uomo viver senza anima. – In questo finì il re il suo ragionamento, attendendo la risposta de la donna; la quale poi che vide che egli si taceva, tutta in sè raccolta, con grave ed onesto viso così gli rispose: – Se altri sire, che voi queste ragioni dette m’avesse, io so bene che risposta esser deverebbe la mia. Ma conoscendo che voi sollazzate e di me per modo di beffa vi prendete trastullo, e forse lo fate per tentarmi, vi dirò per ultimar questa pratica, che a me non pare che ragione alcuna voglia che un sì generoso ed alto prencipe come voi sète possa pensare, non che deliberar, di levarmi l’onor mio, che più che la vita caro esser mi deve. Non sarà anco che io creda già mai che voi teniate sì poco conto di mio padre e di mio marito, che per voi son prigioni in mano del re de la Francia, nostro mortal nemico. Certamente, sire, voi sareste molto poco prezzato se si sapesse questo vostro mal regolato desiderio, ed anco da me nulla mai guadagnareste, perchè io non ho pensato, e meno ora ci penso, di far vergogna al mio consorte, perchè la fede maritale, che quando egli mi sposò io gli promisi, intendo candida e pura conservare fin che starò in vita. E quando io pensassi di far simil vigliaccheria con chi si sia, a voi, sire, apparterrebbe, per la servitù