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perdonatemi voi, giovini che qui sète, – che de le cento le novantanove restano ingannate. Era a cotal termine l’appassionata Nicuola, che ben puotè scrivere e mandar messi a Lattanzio e ridurgli a memoria l’amor passato e quanto tra loro era occorso, ma il tutto fu indarno; del che ella sentiva un estremo dolore. E perchè l’amoroso verme voracemente con gravissimo cordoglio le rodeva il core, deliberò ella fra se stessa tanto dir e fare che la perduta grazia del suo amante racquistasse, o più non vivere, perchè le pareva impossibile sofferire che egli altra che lei amasse. In questi travagli de la figliuola convenne al padre ritornar a Roma. Ma non volendo la Nicuola più a' 'modo veruno andar a Fabriano a casa de lo zio, fu dal padre messa in un monastero con una sua cugina, suor Camilla Bizza. Era esso monastero altre volte in opinione di grandissima santità. Quivi sentendo Nicuola che invece di ragionar de le vite dei santi padri, de le loro astinenze ed altre vertuose loro operazioni, che tutto il dì si favoleggiava lascivamente di cose amorose e non si vergognavano dir l’una a l’altra: – Il tale è il mio «intendimento» e il tale fu questa notte passata a giacersi con la tale, – restò e meravigliata e scandalizzata. Vedeva poi che tutte portavano su le morbide carni invece di cilizio camiscie di tele sottilissime venute d’oltramonti, e vestivano panni finissimi, e che non contente de la loro natural beltà, con lisci e composizioni di mille acque stillate, muschi e con molte polveri, si polivano ed abbellivano i visi loro. Non era poi mai ora del giorno che non fossero a stretti ragionamenti con diversi giovini de la città. Di queste così fatte cose si meravigliò forte essa Nicuola, come colei che si credeva che tutte le monache fossero sante. Così domesticandosi ora con una ed ora con l’altra e in fine con quasi tutte, le ritrovò amorose e lascivissime. Egli mi pare una gran pazzia d’un padre che metta una sua figliuola in simil monasteri, che più tosto si deveriano chiamar publici chiazzi. Ma la nostra città, per un scandalo che non dopo molto avvenne, con licenza del papa levate fuor tutte quelle monache che ci erano, ha fatto riformar il luogo, di modo che al presente vivono santamente. Praticava a questo monistero Lattanzio, facendovi spesso cucir sue camiscie ed altri suoi lavori di tela. Onde un giorno suor Camilla fu chiamata per parte d’esso Lattanzio. Il che sentendo Nicuola, le parve sentirsi andar per le carni un fuoco che tutta l’infiammò, e tutto ad un tratto se le sparse per le membra un freddo gelo. E certo chi alora l’avesse posto mente, l’avrebbe veduta cangiarsi di mille colori, così al nome del suo amante si trasmutò.