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mercante lucchese


Spesse fiate sogliono avvenire casi così strani che, quando poi sono narrati, par che più tosto favole si dicano che istorie, e nondimeno son pur avvenuti e son veri. Per questo io credo che nascesse quel volgato proverbio: che «il vero che ha faccia di menzogna non si deverebbe dire». Ma dicasi ciò che si vuole, ch’io sono di parer contrario, e parmi che chiunque prende piacer a scriver i varii accidenti che talora accader si veggiono, quando alcuno gliene vien detto da persona degna di fede, ancor che paia una favola, che per questo non deve restar di scriverlo, perciò che, secondo la regola aristotelica, ogni volta che il caso è possibile deve esser ammesso. Per questo io che per preghiere di chi comandar mi poteva mi son messo a scriver tutti quegli accidenti e casi che mi paiono degni di memoria e dai quali si può cavar utile o piacere, non resto d’affaticar la penna, ancora che le cose che mi vengono dette paion difficili ad esser credute. Onde al presente una novella ho deliberato annotare, la quale parrà a chi la leggerà molto strana. Era madama Gostanza Rangona e Fregosa mia padrona a Bassens, ove già da molto tempo se ne sta, invitata da l’amenità de l’aria. Questo luglio prossimamente passato ci venne madama Maria di Navarra, la quale sovente ci suol venire e diportarvisi; onde un dì, parlandosi di varie cose, ella narrò a madama nostra alora e a tutti noi altri che di brigata eravamo, come un gentiluomo ignorantemente prese per moglie una sua figliuola e sorella: il che parve a tutti stupendissimo e miserabil accidente. Avendo adunque io descritta questa istoria secondo che essa madama Maria narrò, quella al nome vostro ho intitolata, a ciò che essendo poco che una mia novella mandai al signor Marco Antonio Giglio, tanto nostro, voi anco ne abbiate un’altra. State sano.